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Giorgia Meloni, maggioranza ed economia vanno bene? Ora la sinistra gioca sporco

Fausto Carioti
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Ci sono due mondi. Uno è il "mondo di sopra" in cui si collocano le manovre denunciate ieri da Giorgia Meloni. L'altro è il mondo dell'Italia normale, dove vivono gli elettori. I quali hanno una percezione vaga di ciò che accade lassù, ricavata dai notiziari, e realizzano appieno ciò che sta accadendo solo quando piombano gli avvisi di garanzia e le intercettazioni escono sui giornali, dopo essere state selezionate nelle procure e nelle redazioni in modo che facciano più male possibile. Sino a quel momento i due mondi sono lontanissimi: al punto che in quello "di sotto", oggi, il governo e la sua coalizione stanno come meglio non si potrebbe.

Evocato infinite volte dalla sinistra, il declino elettorale di Fdi e del centrodestra non si è mai materializzato. La "verifica" più importante, quella con gli italiani, la maggioranza l'ha fatta il 9 giugno, alle elezioni europee, e i risultati si sono visti: rispetto al voto delle Politiche tutti i partiti della coalizione hanno guadagnato e Fdi è cresciuto di 2,8 punti. Da allora, nulla è cambiato: la media dei sondaggi oggi vede Fratelli d'Italia al 28,8%, Forza Italia all'8,9 e la Lega all'8,4. Le sfide autunnali in Liguria, Emilia-Romagna e Umbria sono ad alto rischio, ma l'andazzo nazionale è tutta un'altra storia, come dimostra anche il lungo elenco di elezioni comunali vinte dalla sinistra nelle grandi città senza conseguenze per i governi di centrodestra.

 

 

Per questo, frustrata la speranza di vedere crollare le forze di governo, media ed esponenti d'opposizione sono passati al piano B: provare a separarle, usando come leve l'autonomia differenziata, lo ius scholae per i giovani stranieri, i provvedimenti per alleggerire la pressione sulle carceri. Cercando nelle parole di Marina Berlusconi un significato nascosto che possa innescare uno scontro tra Forza Italia e i suoi alleati. Ma è il segno, appunto, della presa d'atto che i numeri della maggioranza oggi sono inscalfibili.

Anziché le aspettative dell'opposizione, quando sono chiamati a decidere da chi farsi governare gli italiani seguono infatti altri criteri, in cima ai quali c'è l'andamento dell'economia reale. Che in questa fase è il vero punto di forza del governo. Dall'inizio del 2024 si contano 199mila occupati in più, da quando l'esecutivo è entrato in carica l'aumento è stato di 700mila. Il balzo degli assunti a tempo indeterminato è stato ancora più alto: +762mila, a indicare che i nuovi posti sono "buoni", non precari.

Anche il vento dell'economia finanziaria spinge le vele di Palazzo Chigi. L'indice FtseMib, che misura l'andamento dei quaranta titoli principali della Borsa di Milano, è cresciuto dell'8,2% dall'inizio dell'anno: meglio della media europea, appesantita dal listino di Parigi, che è addirittura in negativo da gennaio. Nemmeno lo spread tra i Btp italiani e i Bund tedeschi conforta i propositi della sinistra: era a 233 quando il governo s'è insediato, era sceso a 166 all'inizio del 2024 e venerdì scorso veleggiava sotto quota 140. Distanze siderali rispetto ai 400 punti toccati nell'agosto del 2011, preludio alle dimissioni novembrine del Cavaliere.

Eppure, proprio mentre i numeri della politica e dell'economia promettono una navigazione tranquilla, Giorgia Meloni accusa che nel mondo di sopra si sta preparando «uno schema visto e rivisto soprattutto contro Silvio Berlusconi», per far cadere l'esecutivo usando «ogni metodo e ogni sotterfugio». No è un controsenso né un paradosso, ma la conseguenza logica di ciò che accade nel mondo di sotto. Quando nel Paese reale non c'è nulla che possa innescare una crisi politica, chi vuole la fine anticipata di un altro governo scelto dal popolo può solo rifiutare le regole del gioco democratico e puntare tutto su quello schema lì. Ma con l'occupazione e la Borsa che crescono e lo spread ai livelli attuali, replicare il copione del 2011 sarà difficile. Anche da spiegare agli italiani.

 

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