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Bersani, Vannacci? La sinistra invoca la libertà di insultare

Il generale Vannacci

Francesco Storace
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Si accomodi, onorevole Bersani. E ci spieghi, con proprietà di linguaggio, perché rivendica il suo diritto ad insultare Roberto Vannacci, e magari ci racconti anche quali bar frequenta, visto che li paragona a luoghi in cui si scambiano opinioni a lei sgradite.

È la solita storia quella che vede Bersani in cattedra, è la sinistra che predica moralismo nello stesso momento in cui mette all’indice gli avversari politici. A mo’ di eroe l’ex leader del Pd – che lasciò dopo essere stato seppellito dal partito del vaffa di Beppe Grillo – fa sapere all’universo mondo che vuole andare a processo contro il deputato europeo eletto con la Lega con la bellezza di oltre mezzo milione di voti. Ma davanti al giudice Bersani si presenterà da imputato, dopo aver ricevuto un decreto di condanna per aver insultato in maniera greve il generale. Non è Vannacci che si deve difendere per quel che ha scritto o detto, ma è Bersani che deve convincere i giudici di essere innocente per i suoi comportamenti. Ma nella giustizia al contrario di questo paese, confida in qualche toga amica, magari.

 

 

 

Il clima era quello tipico delle feste dell’Unità, dove si può pensare di poter definire «coglione» chi la pensa in maniera diversa da te, tanto più affermando – parola più parola meno – che allora vale la pena di sciogliere le istituzioni e ritrovarsi tutti al bar a dire certe cose. Che poi sarebbero i contenuti dei libri scritti da Vannacci: adesso al rogo li vuole la sinistra. E siccome l’ha fatta grossa, Bersani non vuole pagare dazio – la multa per ciò di cui è accusato – e punta al processo. Senza rendersi conto che rischia di andare incontro alla stessa delusione ricevuta da Paola Egonu, che pure ha provato a querelare Vannacci ma le è andata male. Scrivere libri, affermare opinioni, non è reato.

Incauto, Bersani sfida il buonsenso e scatena i propri supporter sulla rete, dove trova chi lo difende contro Vannacci. È la stessa tifoseria che si sbracciava a favore di Roberto Saviano che dava dei bastardi a Meloni e Salvini in diretta televisiva. La stessa sinistra che nei giorni pari frigna contro i discorsi d’odio, ma che nei giorni dispari pretende il diritto di insultare gli avversari. Ovvero, il diritto di dire quello che si vuole, la sinistra lo vuole solo per sé...

Ma sulla rete c’è anche chi dispensa buone indicazioni di carattere penale. Perché ricorda quali sono gli elementi costitutivi della diffamazio ne. 1. l’offesa alla reputazione: deve esserci un’offesa che compromette la reputazione della vittima 2. l’assenza della vittima: la persona offesa non deve essere presente durante l’atto diffamatorio 3. la comunicazione a terzi: l’offesa deve essere comunicata a più persone.

Ci sono tutti e tre gli elementi nell’azione perpetrata da Bersani contro Vannacci e i suoi libri. Per essere un “democratico” niente male... Scrive su X l’avvocato Leonardo Gallo: «Bersani poteva (e può) prendere le distanze da ciò che dice Vannacci, criticarle aspramente ed anche rozzamente, ma non per questo è libero di insultarlo, anche perché l’altro non ha insultato lui. Funziona così». Ed è un metodo davvero inaccettabile quello preteso dall’esponente della sinistra. Basterebbe essere un po’ più rispettosi dei rappresentanti politici di cui non si condividono le idee per risparmiarsi certi inconvenienti giudiziari. Invece, con battutine e pesantezze varie poi di fronte al giudice tocca andare.

Certo, in Italia si può anche essere assolti e ciò attiene alla fisiologia del processo. Ma non si può nemmeno immaginare che si debba stare zitti di fronte a chi pensa di poterti mettere alla berlina impunemente. Roba da gradassi quella di dileggiare in assenza del personaggio da contestare, e addirittura nel corso di una manifestazione politica di parte. Ovviamente, senza nemmeno aver letto uno dei libri di Vannacci, ma semplicemente romanzando in maniera volgare stando alle interpretazioni che ne dava la stampa di sinistra. Peccato di presunzione, oltre che reato di diffamazione, di cui si è chiamati a rispondere. No, non è un eroe Pierluigi Bersani, ma solo un anziano politico che corre il rischio di essere ricordato per qualche volgarità di troppo. Buona fortuna, se dovesse trovare sulla sua strada un magistrato che vorrà contraddire la giurisprudenza costante sul reato di cui è imputato. Ma sappia, il povero Bersani, che se il giudice riconosce licenza di offesa a lui, nessuno potrà negare il diritto di qualsiasi cittadino ad avvalersene nei suoi confronti. Se è innocente lui, lo siamo tutti.

 

 

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