«I politici vedono la luce quando sentono il calore». Lo diceva, con una delle sue meravigliose battute di puro umorismo British, il grande Antonio Martino. Il quale, essendo notoriamente un gentleman, non precisava dove questa percezione di calore dovesse manifestarsi per agevolare una più rapida presa di coscienza.
Ecco, mettiamola così: il già traballante primo ministro laburista britannico Keir Starmer sente il “calore” di Nigel Farage, in salita vertiginosa sia nei sondaggi sia nelle ultime elezioni amministrative, e tenta di correre ai ripari sul versante che preoccupa maggiormente l’opinione pubblica: quello del contrasto all’immigrazione.
E non solo di quella irregolare, ma pure di quella regolare e tuttavia ormai insostenibile per dimensione quantitativa.
Ricorderete che, nella scorsa legislatura, i governi conservatori avevano vanamente posto alcuni paletti (conoscenza della lingua, contratto di lavoro con un adeguato livello salariale, e altri requisiti teoricamente ambiziosi). Ma quell’asticella, all’epoca ritenuta alta, si è rivelata bassa e agevolmente scavalcabile. Di qui il nervosismo dei cittadini e il crescente sostegno a Farage.
E così adesso, forse fuori tempo massimo, il governo di sinistra cerca di non rimanere immobile: e ieri Starmer ha annunciato un nuovo piano per «riprendere finalmente il controllo dei confini della Gran Bretagna», marcando anche attraverso la scelta delle parole un tentativo di voltare radicalmente pagina. Effettivamente l’intervento è a tutto campo, con un giro di vite su lavoro, ricongiungimenti familiari e visti di studio: e la stima elaborata dal Ministero dell’Interno è di almeno 50mila arrivi in meno di lavoratori non qualificati nel prossimo anno.
Va tenuto presente che, secondo i dati attuali, in Uk ci sono quasi 9 milioni di britannici economicamente inattivi. Davanti a questi numeri, l’idea che molti posti di lavoro siano coperti da stranieri, o che si inneschi un rischio di abbassamento degli standard salariali, manda letteralmente in bestia gli elettori del Regno Unito. In questa chiave, i laburisti hanno pure previsto sanzioni e penalizzazioni per le imprese che metteranno al lavoro personale non britannico senza prima aver cercato di assumere manodopera nazionale.
Meloni manda in tilt il Pd: "Di cosa sono orgogliosa"
"Sono molto orgogliosa di essere riuscita a capovolgere la narrazione sull'Italia all'estero": la prem...Scherzando ma non troppo, resta il problema di comunicare la notizia a Elly Schlein. Qualcuno abbia il coraggio di rivelarlo: deve esserci una specie di complotto mondiale, una cospirazione globale per far finire in manicomio i valorosi compagni italiani del Pd, rimasti ormai gli unici al mondo a cantare la canzone dell’accoglienza senza limiti. E adesso ci si mettono pure i laburisti britannici, per i quali la scorsa estate a sinistra i nostri compagni di lingua italiana si erano spellati le mani: «La sinistra riparta da Starmer», avevano sentenziato dopo la scontata vittoria del Labour a danno dei conservatori. E giù editoriali e articolesse sulla figaggine del primo ministro Uk, sul mondo anglosassone buono (la sinistra britannica) contro quello cattivo (la destra-destra Usa).
E – guardando a Londra – tutto sembrava corrispondere agli schemini mentali dei nostri progressisti: aumenti di tasse, piani pubblici per regolare tutto, manifestazioni pro-Pal, provvedimenti per limitare la libertà di parola. Tutto orrendo (per noi liberalconservatori): ma per loro, per i nostri compagni rossi-rosé-fucsia, roba più eccitante del Viagra.
Senonché, all’improvviso, out of the blue (direbbero sul Tamigi), che ti combina Starmer? Quello che abbiamo appena visto, che peraltro si somma alla parte di contrasto all’immigrazione illegale e clandestina (proposta già a fine 2024), e che pare presa pari pari dal modello italiano: accordi con paesi terzi (Vietnam, Turchia, Kurdistan iracheno) per una megaoperazione di dissuasione. Un po’ di incentivi a non partire, un po’ di collaborazione per reprimere il traffico di esseri umani, e accordi per verificare altrove (non su territorio britannico) la sussistenza dei requisiti per essere riconosciuti come profughi dotati di diritto d’asilo.
Ora, se non avete il cuore di pietra, mettetevi nei panni di un alto papavero piddino, quelli che ogni giorno spiegano in tv che in Albania il governo italiano sta organizzando una deportazione, e altre amenità del genere. Il dramma dei nostri compagni è che ora quelle stesse cose lì le vogliono fare (magistratura permettendo) i laburisti britannici: politiche non troppo dissimili, peraltro, da quelle che avevano tentato qualche mese fa pure i conservatori di Rishi Sunak, poi largamente boicottati dai giudici britannici. E ora? Roba da emicrania. Qualcuno al Nazareno distragga Elly: o almeno le si diano le cattive notizie un poco alla volta. Siate gentili e comprensivi, grazie.