Pd, "Circolo Matteotti": chi vuole far fuori Elly Schlein

I centristi dem insieme agli ex del Terzo polo per spostare il baricentro della coalizione. Quartapelle: "Non solo Milano, presto in altre città".
di Elisa Calessilunedì 19 maggio 2025
Pd, "Circolo Matteotti": chi vuole far fuori Elly Schlein
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I riformisti alzano la voce. E questa volta, a differenza delle due convention invernali (cattolici vs liberal) con una sfida in più: unire tutti i riformisti, non solo quelli che non sono nel Pd. È quello che, a costo di attirarsi le ire del Nazareno, hanno fatto a Milano un gruppetto di dem e non solo. Hanno dato vita al Circolo Matteotti e lo hanno lanciato, giovedì scorso, in un evento alla Cascina Cuccagna che ha fatto il pienone: 250-300 persone. E c’era tutto il ghota del riformismo dem: da Lorenzo Guerini a Pina Picierno, da Pierfrancesco Maran a Giorgio Gori a Simona Malpezzi. Ma c’erano anche riformisti di altri partiti: Ivan Scalfarotto, Elena Bonetti, Marco Taradash. La cosa più interessante, però, è quello che è accaduto dopo. Come ci racconta Lia Quartapelle, deputata dem e fra le promotrici, «sono venute tante persone da tutta Italia, Genova, Arezzo, Ferrara e tante altre città, che ci hanno chiesto e continuano a chiederci in questi giorni se possono fondare anche loro un circolo così nella loro città». Insomma, la cosa non è finita.

Intanto il 2 giugno, festa della Repubblica, è già prevista un’iniziativa davanti alla casa dove è stato fondato il movimento federalista europeo per lanciare l’idea di una Europa sociale. E non è escluso che l’esperimento di giovedì si ripeta in giro per l’Italia. Quartapelle, che insieme a Lisa Noja (Iv), Benedetto della Vedova (+Europa), Emanuele Fiano (Pd), Francesco Caroli (lista civica di Beppe Sala), Sergio Scalpelli e tanti altri, è tra i promotori del circolo spiega a Libero che l’iniziativa è il frutto di una riflessione che andava avanti da tempo. «A Milano la tradizione dei circoli di cultura politica ha una lunga storia. Il nostro è un modo per dialogare tra partiti diversi ma anche con la società civile con tanti che in questi anni si sono allontanati dalla politica o dal voto». L’idea di ritrovarsi nasce dalla «sensazione diffusa che la politica rumorosa e litigiosa non sta dando nessuno stimolo. Noi pensiamo che la fase che viviamo è tragica e va creato un luogo di discussione aperta su Europa democrazia e riforma».

Non a caso il titolo del primo evento è stato: “Coraggio, è l’ora di dare”. Dove “dare” ha due tre letture: il verbo italiano e dunque l’idea che occorra muoversi, fare qualcosa, poi l’acronimo (che sta per democrazia, autonomia, riforme, eu ropa) e infine il verbo inglese “osare”. Ma osare cosa? È un assalto al leadership dell’attuale segretaria del Pd? Quartapelle nega: «Il nostro intento è di provare a ragionare insieme, è uno sforzo di discussione, di confronto, un luogo creativo.

Non serve per candidare qualcuno. È da un po’ di tempo che tra persone che in passato hanno anche fatto un pezzo di strada insieme si ragionava su cosa fare. Perché o si fa uno sforzo di partecipazione o la pianta si avvizzisce». La scelta di intitolare il circolo a Matteotti non è un caso: «Matteotti è un nome che ci unisce, perché seppe interpretare il momento che viveva, facendo politica in modo concreto, partendo dall’analisi della realtà». Come dice il più giovane dei promotori, Caroli, «è uno spazio aperto per discutere e fare proposte ai partiti, non siamo contro nessuno, ma al servizio».

Fatto sta che l’iniziativa, piaccia o no, è un controcanto alla linea di Schlein. Non solo per l’impostazione data al Pd, ma anche per come ha spostato l’asse della coalizione attorno alla triade Pd-M5S-Avs. Il Circolo Matteotti propone una spinta opposta: per vincere, la coalizione deve avere il baricentro al centro coinvolgendo i riformisti dell’ex terzo polo. Del resto, nota Quartapelle, «a Milano il terzo polo prende il 15%». Come dire: almeno dal punto di vista numerico, sarebbe saggio non eludere il tema.
«La richiesta che viene da tanti cittadini è quella di uno spazio ampio e trasversale per discutere di cultura politica». Spazio che, evidentemente, nel Pd ora non c’è.