Ora Salis invoca Meloni: "Mi tuteli"

di Alessandro Gonzatomartedì 17 giugno 2025
Ora Salis invoca Meloni: "Mi tuteli"
3' di lettura

È un cortometraggio imperdibile – proiettatelo nei cinema all’aperto ma anche al chiuso!– quello in cui sui social Ilaria Salis supplica gli eurodeputati di non sottrarle l’immunità parlamentare: «Non vuol dire difendere me, ma la libertà di parola e d’espressione», spiega il prodigio della Bonelli&Fratoianni, ma non è questo che le imputa la giustizia ungherese, e nemmeno di far parte della Bonelli&Fratoianni già scopritrice del portento Aboubakar Soumahoro.

Budapest accusa la Salis di aver partecipato al pestaggio di un militante di estrema destra e di aver trascorso spensierati momenti con gentiluomini facenti parte della Hammerbande, la Banda del martello. Il sottofondo del filmato di Sant’Ilaria patrona delle case altrui – ideale per farsi stringere forte la mano dalla vicina di posto al cinema – è un pianoforte che instilla inquietudine, un climax ascendente di tensione che s’intreccia col suo elegante maglione turchese, certo non raffinato come la canotta e i pantaloncini con cui l’europarlamentare a 18mila euro al mese s’è presentata al seggio per i referendum.

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I PASSAGGI
Comunque: la commissione giuridica avrebbe dovuto decidere sull’immunità martedì, il 24, e però è notizia di ieri che i componenti del Juri – sono 25 – hanno ricevuto comunicazione che il voto è slittato a data da destinarsi. «Questioni legate alla traduzione dall’ungherese degli atti», ci riferisce una fonte di Bruxelles. È la stessa secondo cui è scontato che siano stati «i partiti di sinistra» a rallentare la procedura: «Queste lungaggini sono del tutto anomale». Il voto, che si basa sulla relazione redatta dallo spagnolo Adrián Vázquez Lázara (Ppe) non è stato inserito nel calendario della prossima riunione. La delibera, ma sono ipotesi, potrebbe arrivare durante la sessione plenaria di luglio o a settembre, dopo la pausa estiva.

Il 4 giugno – attenzione – durante una riunione a porte chiuse gli eurodeputati socialisti, i verdi e altri colleghi di sinistra avevano contestato le risposte del procuratore ungherese finalizzate alla revoca delle guarentigie e sollevato dubbi sulla possibilità di un processo equo in Ungheria. La commissione, finora, quando i casi riguardavano accuse che nulla c’entravano con l’attività parlamentare – e in questa circostanza pure precedenti all’elezione – ha sempre revocato l’immunità. Se sarà così anche stavolta toccherà poi al parlamento europeo, a maggioranza semplice, la decisione finale. I deputati iscritti ai gruppi di sinistra sono 312. Quelli a destra 375. Se i 32 non iscritti votassero tutti “no” i contrari arriverebbero 344, e sarebbero ancora 31 in meno rispetto alla destra, ma non è scontato che a partire dal Partito Popolare Europeo – il più numeroso – non ci siano sorprese. Salis, intervistata dalla Stampa, torna a tirare in ballo Giorgia Meloni: «Se la premier parlasse in suo favore ne beneficerebbe?». «Credo di sì. Sarebbe bello e importante: sono pur sempre una cittadina italiana. Chiedo la tutela di un diritto, non di una posizione».

Ora Pd e M5s chiederanno alla premier di riferire in aula. Su che cosa? Non importa. Torniamo all’appello-social della Salis, la quale ha ottenuto lo scranno in Belgio grazie al processo e che ora non vuole più farsi processare. Inizia con un «signori e signori», pronti via l’eloquio è fluente: ci pensano i sottotitoli a coinvolgere le signore. «Vi rivolgo un messaggio importante: a breve il parlamento europeo sarà chiamato ad esprimersi sulla richiesta di revoca della mia immunità parlamentare avanzata dal regime di Viktor Orbán. Sarà un voto importante ma non riguarderà solo me, è un voto che riguarda l’Europa e la democrazia». Quindi in Ungheria – che peraltro non si capisce perché non sia ancora stata sciolta dall’Ue – non ci dovrebbero più essere processi: via, liberi tutti a prescindere.
«Acconsentire alla richiesta ungherese sarebbe collaborazione con un regime autoritario».


CHE PELLICOLA
Il video è struggente. Il montaggio è pieno di stacchi, ma non per rimediare agli errori della stella di Avs, divenuta tale dopo la caduta di Soumahoro. No: il montaggio è un espediente per accrescere il pathos. «Se permettiamo che sia un regime a decidere chi può parlare in quest’aula significa che la stessa indipendenza del parlamento europeo è compromessa». E ancora: «L’Ungheria è sempre meno una democrazia, sempre meno uno Stato di diritto». Pronti per il gran finale? «Non si è trattato», racconta la Salis, «e non si tratta di sottrarsi alla giustizia». Macché, e chi l’ha mai pensato?

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