Ci mancava lo spread a far gongolare Giorgia Meloni e soprattutto a spappolare ancora una volta i fegati di gufi rossi e profeti di sventura. Il differenziale tra Btp e Bund tedeschi venerdì mattina si è aperto in calo a 91 punti base rispetto alla chiusura della vigilia a 92 punti. Il rendimento del titolo decennale italiano si attesta al 3,48 per cento e conferma gli ottimi dati sulla salute generale del sistema-Italia.
Come ricorda il Messaggero, "occorre tornare con la memoria alla primavera del 2010" per vedere lo spread tra i titoli di Stato italiani e tedeschi sotto quota 90 punti. Il premier era Silvio Berlusconi e sarebbero stati gli ultimi mesi di serenità prima della tempesta perfetta con il combinato disposto di crisi greca (dal rischio default allo spettro della troika ad aggirarsi per l'Europa mediterranea) e difficoltà politica del governo di centrodestra, che avrebbe portato alla caduta del Cav sostituito a Palazzo Chigi da Mario Monti proprio come uomo di garanzia nei confronti di Unione europea e grande finanza internazionale.
Si passò così da 570 punti base della fase più critica alla "cura draconiana" del Professore che fece scendere lo spread intorno ai 150-200 punti, comunque ancora ai livelli di guardia. Le montagne russe continuarono con i governi Renzi, Gentiloni e Conte 1 e 2 (intorno ai 200), la "normalizzazione" con Mario Draghi che 10 anni dopo assolse alla stessa funzione di Monti (e spread sotto i 100 punti), l'avvento di Giorgia Meloni riportò il differenziale sopra i 200 punti per la gioia di chi a sinistra prevedeva un tracollo a causa delle politiche "euroscettiche" e "sovraniste" (parole d'ordine delle opposizioni) e poi, toccata con mano l'affidabilità del centrodestra in materia di conti pubblici, debito e investimenti, la discesa fino ai minimi di questi giorni.
"La continua flessione dello spread, che oggi sfiora i 91 punti base, dopo aver toccato ieri il record degli 88, è l'ulteriore riprova della fiducia acquisita grazie al buon governo di Giorgia Meloni - esulta non a caso Antonio Giordano, deputato di FdI e segretario generale di ECR -. A dispetto dei proclami catastrofisti dell'opposizione, l'Italia è forte e in meno di tre anni lo spread, che durante il governo di Giuseppe Conte ha toccato anche i 300 punti base, continua il suo trend positivo. Tutto questo è coerente con la ricchezza finanziaria delle famiglie, con i riconoscimenti delle agenzie di rating e l'eccezionale richiesta dei nostri titoli di Stato. Una direzione politica chiara, solida e coerente, capace di parlare al Paese reale e al sistema economico globale. Questa la ricetta di Giorgia Meloni, che ha portato l’Italia a non essere più l’anello debole, ma a fare scuola in Europa. E lo fa con la concretezza delle scelte".
"È un dato che non solo parla da sé - gli fa eco Paolo Trancassini, deputato meloniano, Questore della Camera e componente della commissione Bilancio - ma rappresenta una risposta concreta della realtà economica italiana alla narrazione catastrofista dell'opposizione. Abbiamo preso in mano un Paese con uno spread a oltre 250 punti, soffocato dal debito e dalla mancanza di visione. Oggi, dopo meno di tre anni di governo, lo spread è ai minimi da oltre quattro anni". "Questo è il risultato di una linea chiara: prima l'interesse nazionale, prima la sovranità economica: un'Italia modello di stabilità e pragmatismo, guidata da Giorgia Meloni, con conti pubblici in ordine e un governo che lavora, è oggi percepita come un porto sicuro nel contesto europeo", prosegue Trancassini. "Questo dato - conclude - non è una statistica astratta: significa interessi più bassi sul debito, più risorse per famiglie e imprese, e una Nazione più forte in Europa".