Il pasticcio si è risolto con uno scambio di messaggi tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini. E se la conversazione resta privata, il senso lo si può facilmente intuire. Meloni non gradisce né la misura né i tempi, Salvini replica che non ci sta a passare come quello che mette le tasse. E aggiunge che gli esponenti di Fdi erano assolutamente informati. Intesa finale: l’emendamento va ritirato. E così è andata. In serata è stato ritirato l’emendamento che avrebbe aumentato dal primo agosto i pedaggi autostradali, mettendo fine a un caso che ha infuocato la giornata politica (ma anche la maggioranza). Peraltro su un tema delicatissimo, soprattutto per uno schieramento di centrodestra. La miccia si accende in mattinata quando in commissione Ambiente, alla Camera dei deputati, dove si sta esaminando il decreto infrastrutture, arriva un emendamento dei relatori che punta ad aumentare i pedaggi autostradali per tutti i veicoli dal primo agosto. Nel testo si parla di integrare il canone annuo corrisposto ad Anas, «di un ulteriore importo, calcolato sulla percorrenza chilometrica, pari a 1 millesimo di euro a chilometro per le classi di Pedaggio A e Bea 1 millesimo di euro a chilometro per le classi di Pedaggio 3, 4 e 5 a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello di entrata in vigore del presente comma». In pratica, l’aumento sarebbe di un euro ogni mille chilometri. Che poi sarebbe «incrementato ogni due anni» per aggiornarlo all’inflazione.
La proposta, si legge nella relazione illustrativa, «si rende necessaria per individuare una copertura strutturale per il fabbisogno incrementale necessario ad Anas per far fronte ad una serie di eventi occorsi negli ultimi periodi (ridefinizione della rete in gestione Anas, incremento dei costi per l’illuminazione pubblica ecc.)». Un fabbisogno che «ammonta a circa 90 milioni di euro annui». Appena la notizia esce dalla stanza della commissione, succede il finimondo. La segretaria del Pd, Elly Schlein, accusa Meloni di voler «mettere una tassa in più, stavolta sugli italiani che vanno in vacanza». E pubblica un post della premier del 2018 in cui si scagliava contro l’aumento dei pedaggi (poco dopo Matteo Renzi fa lo stesso). Angelo Bonelli, di Avs, parla di «cittadini» usati come «bancomat». E punta il dito contro Meloni «forte con i deboli e debole con i forti». Il leader del M5S, Giuseppe Conte, ironizza parlando di «altro colpaccio della maggioranza Meloni-Salvini-Tajani» che, con l’aumento dei pedaggi, aggiunge «un altro po' di carovita per le vacanze (a chi se le può permettere)». Riccardo Magi di +Europa addirittura definisce gli aumenti «una vigliaccata». Ovviamente tutte le associazioni di consumatori fanno fuoco e fiamme. Codacons parla di una «stangata da 90 milioni di euro», Adoc ricorda che «gli automobilisti già affrontano i rincari dei prezzi di carburanti e un costo della vita sempre più elevato».
La battaglia dell’opposizione è scontata. Il problema è che anche nella maggioranza il clima diventa caldissimo. Nei corridoi di Montecitorio filtra un certo “disappunto” nel partito della premier per la misura. Fonti parlamentari parlano di posizioni “divergenti” all’interno della maggioranza, con la Lega che avrebbe insistito per questo emendamento, nonostante la perplessità di Fdi. Renzi va all’attacco: «Questi aumentano le tasse e poi fanno finta di essere tristi per l’aumento delle tasse».
È a questo punto che Giorgia Meloni e Matteo Salvini si messaggiano. La premier non sapeva nulla dell’emendamento e ovviamente non ha gradito la misura. Si decide di chiudere la vicenda. Poco dopo le sei del pomeriggio, una nota di Matteo Salvini annuncia che «il vicepremier e ministro dei Trasporti» ha chiesto «di ritirare l’emendamento» conteso. Emendamento, si aggiunge con veleno in coda, «firmato dai relatori di tutte le forze di maggioranza».
La Lega ritira la firma, poi tocca a Fdi. «Non ci sogneremo mai di portare avanti un emendamento non condiviso dal ministro competente» dicono i deputati di Fdi Baldelli e Milani, relatori del dl Infrastrutture. «Accogliamo con grande favore l’invito di Salvini a ritirare l’emendamento».
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