Matteo Ricci dalle Marche dichiara guerra a Israele

L’ex sindaco di Pesaro la butta in caciara: "Il mio primo provvedimento sarà riconoscere la Palestina". Intanto il consigliere Pd Minardi finisce indagato
di Pietro Senaldidomenica 3 agosto 2025
Matteo Ricci dalle Marche dichiara guerra a Israele
4' di lettura

Ma come è brillante Matteo Ricci. Un paio di giorni dopo aver ottenuto da Giuseppe Conte il permesso di candidarsi, l’aspirante presidente delle Marche ha dichiarato che, se lui sarà eletto, come primo atto farà approvare dal Consiglio Regionale lo Stato di Palestina. Studia da Pedro Sanchez o da Emmanuel Macron, l’ex sindaco di Pesaro; come risaputo, la sua corsa per il governo locale è solo una tappa della scalata ai vertici della sinistra.

Ricci è a Bruxelles, come eurodeputato, il cuore della politica continentale, ma per occuparsi dei problemi del mondo decide di andarsene ad Ancona, in quanto «è compito anche di chi governa un territorio avere un profilo alto, non siamo mica amministratori di condominio», spiega. Niente da fare, l’uomo vuol volare alto, come ha spiegato ai magistrati che lo accusano di concorso in corruzione: sì d’accordo, ero sindaco, ma certo non mi sono mai occupato di chi eseguisse gli appalti decisi dalle delibere che firmavo, mi avrà fregato un collaboratore.

Così si è giustificato l’indagato, anche davanti all’opinione pubblica, senza che neppure gli venisse il dubbio che quelle parole, per un amministratore, più che una difesa giuridica sono un’autoaccusa politica. Perché votarlo per amministrare una regione, se quello pensa al Medio Oriente e al Nazareno?

A meno che la trovata dello Stato di Palestina per l’ex sindaco non sia una sorta di armadi distrazione di massa. Il candidato governatore parla dei problemi di Gaza per spostare l’attenzione dai suoi guai giudiziari, dei quali i marchigiani forse vorrebbero sapere di più rispetto a quel «ho chiarito tutto con trasparenza e fornito un ulteriore elemento d’indagine» concesso ai giornalisti all’uscita dal suo interrogatorio di sei ore davanti ai magistrati. Mala causa palestinese è anche un’ottima via d’uscita rispetto alla nuova grana che agita la campagna elettorale dem nelle Marche.

È fresca la notizia che Renato Minardi, un consigliere regionale del Pd che si ricandida a settembre, sia indagato a Fermo in un’inchiesta su sospetti di corruzione, malversazione indebita percezione di fondi europei destinati all’agricoltura. Poco ancora se ne sa, ma l’accusa è di aver agevolato un consorzio di apicoltori delle sue parti nel ricevere trecentomila euro non utilizzati poi per le finalità previste. «Conte chiuderà un occhio anche questa volta?», commenta la senatrice di Fdi marchigiana Elena Leonardi, provocando la base grillina della Regione, che ancora non ha digerito la candidatura dell’indagato Ricci. Per ora al quartier generale di Cinque Stelle tutto tace. Che il leader di M5S fondi la sua alleanza con Elly Schlein sulla strategia dell’opossum, ovverosia il fingersi morti quando affiorano i problemi?

In ogni caso, una buona notizia c’è: rispetto agli affidi senza gara d’appalto concessi dal suo Comune e finiti nel mirino della magistratura, il riconoscimento della Palestina da parte delle Marche non salverà un solo bambino di Gaza in più, ma almeno per una volta una mossa propagandistica di Ricci non costerà un euro ai suoi cittadini. Una cosa però va detta: il gioco dell’aspirante governatore del campo largo è un po’ sporco, non sa di buono. I bambini di Gaza sono già strumentalizzati da Hamas, non è il caso di tirarli in mezzo in campagna elettorale. Certe cose, come la beneficenza, è meglio farle e poi semmai dirle, non annunciarle in una corsa a chi prende più voti.
Ricci ha evocato lo Stato di Palestina non perché possa qualcosa sulle sue sorti ma perché sa che quello che sta facendo Benjamin Netanyahu non è apprezzato dalla maggioranza degli italiani, anche di centrodestra. Così l’ex sindaco di Pesaro sta sfidando il rivale Francesco Acquaroli, di Fratelli d’Italia, su un terreno sul quale ritiene che il presidente in carica non possa muoversi, benché il nostro governo abbia condannato chiaramente il modo in cui Israele conduce la guerra. Ma forse il suo calcolo è sbagliato: candidarsi a governare le Marche dichiarando guerra a Israele ha un sapore grottesco, l’esponente del campo largo rischia di scivolare dal dramma dell’inchiesta che lo vede indagano al ridicolo del provinciale che si crede Napoleone.

La mossa, a prescindere dalla sua eventuale efficacia, dimostra che, malgrado le inchieste e le accuse, Ricci perde il pelo ma non il vizio. Il candidato governatore è finito nei guai per la sua politica tutta annunci e immagine, una linea in cui l’ex sindaco credeva ciecamente. Lo schema applicato oggi per Gaza ricorda quello scoperchiato dall’inchiesta dei magistrati. Il murales per Liliana Segre contabilizzato a bilancio come spese di manutenzione idrica e il mega casco di Valentino Rossi, un autentico ecomostro, in piazza spacciato come opera di manutenzione e riqualificazione del verde pubblico non sono poi distanti dalla pace in Medio Oriente che finisce nel programma del candidato alla Regione. È la politica del tarocco in salsa pesarese, tanta panna montata e poca sostanza.

Brutto modo di porsi come amministratore. Ingenuo però chi si stupisce. La campagna elettorale del campo largo nelle Marche è il bla-bla delle falsità. Punto forte del candidato dem è la critica all’attuale governatore sulla sanità, malgrado proprio con Acquaroli l’ospedale delle Torrette di Ancona sia risultato il migliore d’Italia. Elly Schlein forse non lo sa, ma Ricci sì: molti cittadini della regione sono scontenti per la soppressione di alcune strutture sanitarie di prossimità, ma questo è l’effetto delle decisioni della giunta precedente, guidata dal dem Luca Ceriscioli, mentre quella attuale si sta sforzando per riaprirne alcune. Vecchia storia delle amministrazioni rosse: fanno scelte sbagliate, gli elettori le mandano a casa e queste al giro successivo rimproverano ai rivali politici gli errori che hanno fatto loro, confidando nel fatto che i cittadini si siano scordati nel frattempo le responsabilità delle decisioni peggiori.

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