La Regione Emilia-Romagna versa quasi 400mila euro in progetti di “educazione alla pace” e “cittadinanza globale”, mostrando con chiarezza il volto della nuova pedagogia ideologica istituzionalizzata. Non più bandiere e megafoni, ma laboratori, mostre e cineforum; non più manifestazioni di piazza, ma “percorsi di consapevolezza” lautamente finanziati con fondi pubblici. Sotto l’egida di una retorica apparentemente innocua - pace, diritti umani, accoglienza, solidarietà internazionale - prende forma una fitta rete di iniziative culturali che promuove la solita narrazione monocorde e militante. Con una immancabile spruzzatina di antagonismo che non guasta mai. La Regione ha approvato 33 progetti, finanziandoli con quasi 400mila euro attraverso un bando previsto dall’art. 8 della legge regionale 12 del 2002, che disciplina gli interventi per la cooperazione internazionale e la promozione di una “cultura di pace”: «Si costruisce sostenendo iniziative culturali, di ricerca, educazione, oltre che di informazione e cooperazione», ha dichiarato l’assessore alla Cultura, Gessica Allegni.
Tra questi spicca “Dreamers... but not the only ones!” del Centro Interculturale di Parma, che prevede percorsi nelle scuole per educare i giovani al «senso di appartenenza alla comunità globale» secondo i principi dell’Educazione alla Cittadinanza Globale (ECG). In sostanza non si tratta più di integrare, ma di celebrare la diaspora come nuova narrazione identitaria. Allo stesso filone appartiene “Attraverso lo Sguardo dell’Altro”, iniziativa dell’associazione Pianeta APS, che a Modena propone concerti di artisti migranti, mostre fotografiche, proiezioni di documentari sulla migrazione e perfino tour cittadini con migranti nel ruolo di guide turistiche. Perché l’Occidente ha il dovere di ascoltare qualcun altro che gli spieghi chi è davvero. Non manca il progetto “Diaspore di Pace”, a cura dell’Agency for Peacebuilding, che si propone di formare le associazioni della diaspora per aumentare la loro capacità di influenzare le istituzioni locali. Anche in questo caso, il linguaggio è quello del “dialogo”, ma il fine è chiaramente politico.
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Chissà se anche questa straordinaria coincidenza sarà liquidata da Matteo Ricci con quel «non mi son...Non sono da meno i progetti proposti dagli enti locali. Il Comune di Ravenna, con il “Festival delle Culture 2025 – Oltre il Conflitto”, propone una riflessione sui conflitti contemporanei in Ucraina e Palestina, includendo mostre fotografiche, concerti di artisti della diaspora palestinese e conferenze sul soccorso in mare. Il Comune di Cesena promuove “Cesena Città Globale: Giovani Costruttori di Pace”, un’iniziativa educativa rivolta agli studenti, con l’obiettivo dichiarato di «aiutarli a comprendere cosa significhi essere cittadini globali e sostenibili». Anche qui, la nozione di cittadinanza nazionale scompare, sostituita da un vago cosmopolitismo etico.
Modena, con il progetto “Modena Città per la Pace”, mette in campo una serie di attività che vanno dalla formazione per insegnanti e volontari fino ad eventi come il Cineforum della Pace e laboratori sulla memoria storica, passando per Srebrenica, Don Lorenzo Milani e, con chissà quale arzigogolo ideologico, l’ex direttore di Lotta Continua Alexander Langer. Il filo rosso di tutti questi progetti è chiaro: educare le giovani generazioni a una visione del mondo in cui la cittadinanza nazionale è un fardello da superare, le identità culturali tradizionali sono sospette, e il dovere morale dell’Occidente è quello di ascoltare, accogliere e, soprattutto, espiare.