A Milano debutta il nuovo modello Pd: "Occupare è cosa giusta"

di Daniele Capezzonedomenica 7 settembre 2025
A Milano debutta il nuovo modello Pd: "Occupare è cosa giusta"

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Giù le mani dalla città», recita uno dei manifesti di convocazione del doppio corteo pro Leoncavallo. «Contro i padroni», aggiunge un altro slogan.  L’immagine arricchisce la tesi di un tocco surreale: si vede una figura in nero (e come ti sbagli?) che allunga le sue manone sul ridente spazio del Leonka. E niente fascismo?

Tranquilli, il fascismo è sempre in agguato: «Buttiamo giù il governo neofascista Meloni», spiega un altro manifestino. E del resto Ilaria Salis, una che se ne intende, preannunciando la sua presenza, ha chiarito la piattaforma già il giorno prima sui social: «Contro la repressione voluta dai postfascisti al governo". E ieri si è visto di tutto e di più: da Nicola Fratoianni («Lo sgombero è un crimine politico») al segretario cittadino del Pd Alessandro Capelli («Nessun imbarazzo», ipse dixit), dal capo dell’Anpi Milano Primo Minelli (se c’è il fascismo, ecco i partigiani...) alla “mamma antifascista” Marina Boer, da Claudio Bisio a Paolo Rossi, passando per Bebo Storti e il regista Gabriele Salvatores («Non siamo pecore», fa sapere). Insomma, finite le vacanze, in tanti hanno provveduto a timbrare il cartellino della protesta rossa: alcuni rosso-chic, altri più facinorosi.

Siccome però una sola illegalità (una trentina d’anni di occupazione abusiva) non basta e ne occorrono almeno un paio, a un certo punto uno dei due cortei entra senza autorizzazione nell’area del cantiere del Pirellino, oggetto della nota inchiesta della Procura milanese, per srotolare un grande striscione che dice così: “Occupare è giusto”. Alcuni tizi dei centri sociali salgono su un’impalcatura e scandiscono: «Questo è un cantiere e oggi lo sequestriamo per il bene di questa metropoli. Non ci basta uno scandalo e non ci basta un processo. I beni di tutti questi stronzi come Catella vanno sequestrati». Alé, il livello è questo. Dev’essere il nuovo «modello Milano», ha sarcasticamente ma giustamente commentato lo stesso Catella.

Dopo di che, tra un corteo e l’altro, il minestrone è servito: si strilla contro le politiche abitative di Milano ma si srotolano bandiere della Palestina, si lanciano uova e petardi contro le forze dell’ordine, né mancano insulti contro il ministro Piantedosi (il quale da Cernobbio, e ha fatto benissimo, ha ribadito l’illegittimità dell’occupazione). Ora- per dirla con Antonio Lubrano- la domanda nasce spontanea: la «repressione fascista» sarebbe per caso la restituzione ai legittimi proprietari di un immobile occupato? E al contrario, dalla parte della ragione sarebbero coloro che hanno occupato abusivamente per trent’anni, che hanno determinato una megamulta a carico di tutti i contribuenti, che non hanno mai pagato le tasse, e che avrebbero dovuto lasciare l’area illegalmente occupata già in forza di una sentenza di Cassazione di 15 anni fa?

A questo punto, chiunque abbia un minimo di ragionevolezza ha già validi motivi per mostrare sgomento; se le cose stanno in questi termini, vuol dire che in Italia il diritto di proprietà è stato abrogato, lo stato di diritto pure, e tutto è rimesso all’arbitrio dei più prepotenti. Che non a caso si preparano a essere premiati dal comune di Milano con un altro immobile (e altre spese a carico dei cittadini). Ma almeno l’importante è saperlo. Perché, se è così, ci sono almeno due conseguenze che possiamo trarne. La prima: se la proprietà privata è sostanzialmente abolita, immaginiamo che i vipponi progressisti accorsi a difesa del Leonka saranno i primi a mettere a disposizione del centro sociale le loro case, le loro ville, i loro palazzi. Non ne dubitiamo, giusto? La seconda conseguenza: la prossima volta che, a qualunque titolo e in qualsiasi contesto, sentiremo politici e commentatori di sinistra evocare e invocare il concetto di “legalità”, potremo tranquillamente metterci a ridere. E potremo farlo anche quando li sentiremo parlare di lotta all’evasione fiscale, odi rispetto delle regole imposte alle imprese e alle aziende di ogni ordine e grado. Se tutto questo non vale per i compagni, non deve valere per nessuno. Domando di nuovo: giusto?

Scherzi a parte. Il governo, la questura e il prefetto hanno fatto benissimo a procedere allo sgombero del Leonka alla fine dell’agosto scorso. Per parte nostra, ci auguriamo che sia solo l’inizio, in tutte le città d’Italia. Qualunque tipo di occupazione abusiva va contrastata e portata alla sua conclusione più ovvia: con l’uscita rapida degli occupanti. Sia che si tratti di un immobile di proprietà pubblica, sia che si tratti di un immobile di proprietà privata, sia che l’occupazione abbia connotazioni politiche (di qualunque segno) sia che invece derivi da illegalità “comune”.

Serve un atto “inimmaginabile”: tornare alla normalità. Per stare in un immobile, occorre esserne i legittimi proprietari, oppure i legittimi affittuari (paganti), oppure (nel caso di edilizia popolare) le persone che hanno titolo a starci in base alla relativa graduatoria. Tutti gli altri, fuori. Si dice: ma ci sono esigenze sociali. A volte è vero, per carità: ma tali “esigenze sociali” non possono finire sulle spalle del proprietario, che ha pagato mutuo e tasse e vede vanificato il suo dirit to. Quasi mi vergogno di aver dovuto mettere in fila nozioni tanto elementari, roba da banali paginette di educazione civica. Ma nell’Italia del Leonka e delle Salis, dei vipponi rossi e delle occupazioni allegre, si tratta di princìpi quasi “rivoluzionari”.