La rotta per Gaza ha portato alla scontata rotta della Flotilla. Poker di flop, bluff scoperti, e il piatto piange. Che Israele andasse a vedere i bluff lo sapevano pure i merluzzi del Mediterraneo, quindi tutto era già scritto su un copione scontato che qualcuno ha ritenuto di poter recitare a soggetto indossando le maschere pirandelliane. Quattro cambi di strategia per nascondere il vero fine, tutto politico e tutto interno.
Primo: portare viveri alla popolazione di Gaza. Si poteva fare con i canali istituzionali o su quello aperto con la garanzia della Chiesa, ma non era questo lo scopo della missione. Secondo: spacciare il coinvolgimento di 44 Paesi attraverso i partecipanti come una mobilitazione globale. Ma 44 nazionalità non fanno affatto 44 nazioni, e per di più tutte le imbarcazioni battevano bandiera palestinese. Terzo: dimostrare l’illegalità del blocco israeliano, che però esiste al di là di ogni convenzione perché quella è una zona di guerra, dove di solito non si possono fare né scampagnate né sconfinate, per di più col vessillo del nemico.
Che poi le acque siano palestinesi, come sostengono gli autoproclamati esperti di diritto internazionale, è tutto da dimostrare considerato che lo Stato di Palestina non esiste. Quattro: aprire un corridoio umanitario con la dimostrazione della flottiglia.
Siamo nel velleitarismo di grana grossa che supera persino l’idealismo più utopistico e disancorato dalla realtà, figurarsi se applicato al coacervo inestricabile della questione mediorientale. I marinai coraggiosi che si sono investiti dell’impresa messianica come tanti piccoli Brancaleoni alle crociate devono ringraziare Israele, che sono andati pesantemente a provocare e sfidare, perché sono stati trattati secondo il loro spirito della missione: ovvero con umanità e rispetto del diritto umanitario. Senza sparare un colpo, senza un gesto violento.
IPOCRISIA
A ruoli invertiti, con Hamas a presidiare quelle acque, sicuri che le cose sarebbero andate allo stesso modo? Ah, ma forse non ci sarebbe stata nessuna Flotilla. Adesso che è tutto finito come si sapeva e senza che sia stato torto un solo capello a nessuno, senza martirio dei coraggiosi lupi di mare con l’aura dei martiri, un ripassino al diritto internazionale (ma non su Google) e alla storia (ma non sulle fotocopie) non farebbe male. Di tutti i codici sparsi sulle tolde e nei salotti tv mancava quello penale italiano, dove qualche articolo non è peregrino al caso. Solo i salmi finiscono in gloria e la gloria qui non si vede, se non per il tam-tam mediatico-politico-ideologico. Gli eroi della traversata, quando torneranno, saranno incensati da una certa parte che li ha supportati pure contro la logica, e potranno raccontare delle sevizie subite dagli israeliani dopo il fermo e l’arresto (che facevano parte del pacchetto-vacanza): Coca Cola non sugar free, panini senza prosciutto, spaghetti scotti e pompelmi di Jaffa che i pro-Pal boicottavano nei supermercati.
Ma c’è da scommettere che i reduci della Campagna di Gaza troveranno un comitato di accoglienza, con banda e cori di “Bella Ciao”, e magari con Francesca Albanese con fascia quadricolore pronta ad attribuire ad honorem la cittadinanza palestinese, a patto che non facciano cenno alcuno agli ostaggi israeliani da cui tutto è partito e da cui tutto si poteva risolvere se solo Hamas avesse voluto in due anni. Ma sugli ostaggi e sui massacrati del 7 ottobre non è stata spesa una sola parola né prima né durante e certamente neppure dopo il bluff della Global (ma non tanto) Sumud Flotilla. Questo è il vero sciopero che ha bloccato tutto, altro che Landini.