Ormai bisogna prenderne atto. Il mondo reale e Maurizio Landini si sono incamminati su strade diverse. E una futura riunificazione dei percorsi diventa sempre più improbabile. Prima ha provato a farci credere di aver portato in piazza i suoi lavoratori nello scorso fine settimana. Circostanza smentita non solo dalle numerose bandiere dell’Usb, che ha ormai scavalcato a sinistra la Cgil muovendosi con molta più determinazione sul fronte barricadero, ma dai dati delle adesioni allo sciopero di venerdì provenienti dalle imprese.
Non è che nei cortei non c’erano gli iscritti del sindacato rosso, a parte il manipolo di portabandiera della sigla di base e un gruppetto di stipendiati dalla Cgil per fare un po’ di scena, non c’erano proprio i lavoratori. In molti comparti produttivi le percentuali si sono attestate sotto il 10%. E dove lo sciopero ha raccolto più sostegno l’adesione è arrivata al massimo al 25%. Ma vabbè.
Poi c’è la questione delle numerose frange pro-Hamas tra gli organizzatori del corteo. Landini è sceso in piazza sia venerdì sia sabato, ma mentre passeggiava con la portavoce della Flotilla, Maria Elena Delia, evidentemente non si è accorto degli striscioni che inneggiavano al 7 ottobre, né dei cori identici agli slogan dei terroristi palestinesi e neppure delle bandiere di Hezbollah e di Hamas che gli sventolavano sopra la testa. A 24 ore di distanza qualcuno glielo ha fatto notare e lui (per carità nel Pd non hanno fatto manco questo) si è inalberato a freddo: «Lo striscione sul 7 ottobre è una cosa sbagliata, non accettabile».
Il periodo di riflessione ha portato un po’ di consiglio sui filo Hamas, ma non sui numeri dello sciopero. Intervistato ieri dal Corriere della Sera il segretario della Cgil ha ribadito tronfio che in due giorni sono scesi in piazza tre milioni di persone. E fin qui, ci si può anche stare. Del resto, si sa che contare le persone non è mai stato il forte dei sindacalisti. Poi però quando gli si fa notare che i dati sulle adesioni non si incastrano bene con i lavoratori in piazza, la risposta è secca e apodittica: «Cento piazze piene dicono che la gente ha scioperato». Punto. Tanti giovani nei cortei? Macché, c’erano «tanti lavoratori». A questo punto delle due l’una: o Landini ha visto male o Palazzo Chigi ha squadernato numeri farlocchi sul 7% di adesioni medie nel pubblico impiego (e i numeri nel privato sono allineati). Il segretario della Cgil non ha dubbi: «I dati del governo sono falsi. Ed è stupido far finta di non capire quanto avvenuto».
E qui la cosa si complica. Cosa è avvenuto esattamente nel mondo alternativo di Landini? No, perché è chiaro che non si è trattato di una protesta sindacale ed è altrettanto chiaro che la Cgil si è buttata a pelle di leopardo sulla manifestazione cercando di intestarsene il merito, malgrado sia evidente a tutti che non c’è alcuna correlazione logica tra le istanze dei lavoratori e quelle dei propal. Per chi viaggia nelle dimensioni parallele, però, è tutto lineare. Intanto, ha spiegato il sindacalista a Napoli mentre annunciava l’ennesima mobilitazione, «battersi per la pace significa anche battersi per il lavoro, perché vuol dire no alla politica del riarmo e vuol dire investire nei settori che debbono creare lavoro». Ma non è finita.
Perché va bene isolare i violenti, ma se poi quelli si infilano lo stesso devono pagare i contribuenti. Di qui la verità del mondo parallelo. La proposta di Salvini di far pagare i danni a chi organizza le manifestazioni? «È un’operazione per mettere in discussione il diritto di sciopero». E da Marte, per oggi, è tutto.