In principio fu il Fatto Quotidiano a lanciare la sensazionale notizia che Giorgia Meloni avrebbe cambiato casa a Roma. Era l’agosto del 2023 e il giornale spiegava che entro due mesi il premier sarebbe entrato in possesso «di una villa da un milione e 100 mila euro», grande «350 metri quadrati», per cui aveva subito versato «300mila euro». Si parlava anche di una «piccola piscina». L’estate dopo, sempre il Fatto, riportava che Meloni si era «trasferita nella sua nuova casa, anche se non è finita, anche se ancora non l’ha pagata del tutto».Lei rispose così: «Ho avuto la disponibilità dell’immobile, limitatamente ad una parte del giardino e della abitazione, grazie ad un atto di immissione in possesso anticipato redatto sulla base della normativa civilistica».
Spiegò inoltre di aver concordato col venditore di procedere in questo modo «perché l’esecuzione dei lavori per avere l’immobile completo “chiavi in mano”, come lo desideravo, ha richiesto tempi maggiori di quelli originariamente previsti e così ho guadagnato qualche giorno prima del rogito per fare il trasloco». Partita chiusa? Macché. Nei giorni scorsi il Domani è tornato alla carica. Con un grande dilemma: ma la nuova dimora del premier è una villa o un villino? «All’apparenza sembra un problema di poco conto, una sfumatura.
Il ballo del mattone M5s: sulla casa di Giorgia Meloni dicono una maxibugia
La cronaca parlamentare è una questione di dettagli che rivelano il clima, lo spirito del tempo. Così ieri...Ma, in termini catastali, comporta un cambio di tassazione e di benefici non secondari. Iva ridotta al quattro per cento, imposta di registro fissa a 200 euro e altre agevolazioni “prima casa”, come l’esenzione Imu e Tasi, per i proprietari di abitazioni classificate in A/7: i villini. Esclusione di questi vantaggi fiscali, invece, per chi possiede un immobile di tipo A/8, dunque una villa», si leggeva cinque giorni fa sul quotidiano fondato da Carlo De Benedetti.
Con una certa sicurezza, nello stesso articolo, si spiegava: «Tuttavia le caratteristiche della casa corrispondono a un’abitazione di lusso, di una villa da catalogare alla categoria A/8». Stando ad alcuni «esperti» sentiti dal Domani, i lavori di ristrutturazione avrebbero comportato «migliorie» tali da rendere necessario «un nuovo accatastamento dell’immobile, in particolare nella categoria A/8». nSecondo altri esperti notai tutto ciò avrebbe comportato un risparmio fiscale di 70mila euro.
BATTAGLIA IN PARLAMENTO
Dalla stampa alla politica il passo è stato breve. A sinistra non ci dormono la notte per l’abitazione del premier. A marzo, infatti, ecco l’interrogazione parlamentare presentata dai deputati di Italia Viva Francesco Bonifazi e Maria Elena Boschi. I renziani hanno chiesto «chiarimenti in ordine ai lavori di ristrutturazione eseguiti presso l’abitazione privata del presidente del Consiglio, anche per i profili fiscali e di sicurezza». Bonifazi e Boschi volevano sapere dal premier «l’elenco dei singoli fornitori e delle modalità di pagamento adottate per pagare gli stessi». La risposta, affidata al ministro ai Rapporti col parlamento Luca Ciriani, è stata lapidaria: il premier «non ha beneficiato di alcuna detrazione per lavori edilizi e bonus mobili» e «non è stato impiegato denaro pubblico».
Poi, immancabili, ecco i 5 Stelle. Agostino Santillo, vicepresidente della Commissione ambiente della Camera, nei giorni scorsi ha annunciato un’altra interrogazione «sui lavori di ristrutturazione e sull’accatastamento della villa acquistata dalla premier» perché «dall’operazione immobiliare emergono dettagli piuttosto opachi e ambigui sulla residenza». Ovviamente, tutto questo can-can non ha portato a nulla di giuridicamente rilevante. L’unico risultato? Che l’immobile del presidente del Consiglio è stato identificato da molti leoni da tastiera e addirittura è finito in pasto ai social. Ma alla sicurezza del premier e della figlia (piccolo dettaglio: è minorenne) alla sinistra non frega nulla. Più fondamentale polemizzare sul numero delle stanze e le misure della piscina...




