Indovina indovinello: di quale gruppo fa parte Omar, il 18enne arrestato domenica per resistenza e lesioni, in flagranza differita, dalla Digos di Torino dopo gli scontri di venerdì scorso al culmine del “No Meloni day”? Una domanda retorica. Askatasuna, ovvio. Il centro sociale più pericoloso d’Italia, infarcito di “No Tav” e picchiatori professionisti, lo stesso che il Pd sta provando in ogni modo a regolarizzare.
Il bravo ragazzo in questione, nuova leva di “Aska”, quando il corteo era giunto davanti alla sede della Città Metropolitana di Torino in corso Inghilterra pensato bene di scagliare un cestino posacenere di alluminio contro il cordone di polizia a protezione degli ingressi (due agenti avevano fatto querela). Verso i celerini, in quel momento, era piovuto di tutto: aste di bandiere e estintori, oltre ai calci dei manifestanti rintuzzati dagli scudi. I fotogrammi registrati dalla Digos lo hanno inchiodato senza scampo. Ieri mattina il processo per direttissima ha disposto per lui l’obbligo di firma una volta al giorno nelle stanze del commissariato Madonna di Campagna. L’udienza comincerà il 22 gennaio.
LACRIME DA COCCODRILLO
«Chiedo scusa, non volevo ferire gli agenti, sul momento ho avuto una reazione sconsiderata», ha spiegato il 18enne. Le scuse, però, non sono bastate. Il giudice, Giorgio Potito, ha sottolineato la sua “indole violenta”, testimoniata dal suo curriculum di piazza (nonostante fosse incensurato): il ragazzo aveva già dimostrato di essere fin troppo ribelle, come in occasione degli scontri di inizio anno davanti alla Questura di Torino durante il corteo per chiedere “verità e giustizia” per Ramy, il giovane egiziano morto a Milano dopo un inseguimento dei carabinieri. Un habitué dei cortei antagonisti. Seppur si sia rifiutato di farsi interrogare, il ragazzo ha parlato a ruota libera. Perché ha partecipato alla guerriglia? “Mentre io scappavo dopo essere stato manganellato, il mio migliore amico non è riuscito a fuggire: un agente della Digos lo ha spinto verso uno stanzino, e subito dopo è stato raggiunto anche dalla celere. Ho iniziato a urlare, chiedendo di lasciarlo stare.
Temevo che lo chiudessero lì dentro da solo e chissà cosa potesse succedergli”. Tutta colpa della polizia, dunque. Omar frequenta il liceo Gioberti e ieri, in aula, ad accompagnarlo c’erano pure due suoi professori.
LA TENSIONE RESTA ALTA
C’è soddisfazione dalle parti del Viminale, perché l’arresto in flagranza differita – ovvero entro 48 ore dai fatti grazie alla visione delle telecamere – è stato fortemente voluto dal centrodestra nell’ultimo “decreto sicurezza”. “Un risultato che conferma l’efficacia del decreto sicurezza, che permette interventi più rapidi e incisivi contro chi attacca le nostre forze dell’ordine”, spiega il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. “L’esperienza conferma che il nuovo impianto normativo consente di intervenire con maggiore efficacia contro comportamenti violenti che mirano a impedire o ostacolare l’azione delle forze dell’ordine durante manifestazioni pubbliche. È un passo avanti importante per la sicurezza degli operatori e per la legalità nelle piazze”, sottolinea Enzo Letizia, segretario dell’Associazione nazionale funzionari di polizia. Chi non è contento, nemmeno a dirlo, è l’oceano di collettivi studenteschi rossi. “Siamo indignati ma non così sorpresi da queste dinamiche repressive, infantili e quasi di ripicca da parte del governo, che si vede messo all’angolo dai giovani ormai esasperati che non si tirano indietro nel mostrare il loro dissenso. In piazza c’eravamo tutti. Non gliela daremo vinta, la lotta è appena iniziata. Blocchiamo tutto”, arringano quelli del Kollettivo Studentesco Autonomo. Venerdì, al “No Meloni day” di Torino, erano rimasti feriti otto poliziotti dei reparti mobili. Oltre al 18enne arrestato, erano stati fermati due giovani. Poi subito rilasciati.