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Elly Schlein umiliata all'assemblea Pd: chi non ha votato

di Elisa Calessimartedì 16 dicembre 2025
Elly Schlein umiliata all'assemblea Pd: chi non ha votato

3' di lettura

Quando Elly Schlein prende la parola, Giorgia Meloni sta parlando ad Atreju. Il botta e risposta non si può fare. Eppure la segretaria del Pd ha già deciso che si rivolgerà a lei, alla premier. Nella lunghissima relazione che Schlein legge (più di un’ora), la segretaria del Pd cita la premier 8 volte. Mentre non cita mai Giuseppe Conte, che il giorno prima aveva regalato al Pd l’ennesimo schiaffo («Noi non siamo alleati di nessuno», aveva detto ad Atreju). Per quanto riguarda le vicende interne del Pd, Schlein esce numericamente rafforzata: la minoranza interna certifica il divorzio e, per metà, decidere di traslocare sotto la tenda della segretaria. Quelli che restano (in minoranza) si fanno, però, sentire, rimproverando la mancanza di discussione e un profilo di governo ancora debole.

Schlein, però, si concentra sulla sfida con la premier, tratteggiando un bilancio tutto negativo di questi 3 anni di governo. Gli italiani, le dice, non stanno meglio di 3 anni fa. La produzione industriale «cala da mesi», la «spesa pubblica è scesa su sanità pubblica, scuola pubblica, ricerca, politica industriale, casa». Mentre «salgono le spese militari», «le bollette», «i prezzi dei beni alimentari». Si rivolge direttamente alla premier: «Da quanto tempo non le capita di andare a fare la spesa? Si immagini di prendere un carrello e di fare la spesa, scaffale per scaffale, e quali prodotti deve rimettere a posto. Davanti a quello scaffale, le famiglie sono costrette a scegliere tra cose essenziali». Ne ha anche per la sorella, Arianna: «Ci ha spiegato che le priorità sono premierato e legge elettorale», mentre per loro, dice, sono sanità, lavoro, bollette. La casa: «Meloni aveva parlato a Rimini di un grande piano sulla casa. Sapete quanto hanno messo in manovra? Zero». Il duello entra nel vivo: «Vi ricordate il video al benzinaio? Ve lo cito: “Non solo chiediamo che non vengano aumentate le accise, chiediamo vengano abolite”. La campionessa di incoerenza Meloni le ha aumentate. Chi pensa di prendere in giro?».

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Poi passa al Pd, ai suoi travagli interni. Si dice orgogliosa «di guidare questa comunità, una comunità larga, aperta, plurale». «Non siamo un partito personale, ma plurale. Se in Italia ci sono tanti partiti personali non è che gli strani siamo noi che pratichiamo democrazia interna. Non mi fido dei partiti dove non vola una mosca». Poi, certo, discutere va bene, ma poi bisogna trovare la sintesi. «Pluralismo non significa galleggiare per non scontentare nessuno. Significa ascoltare tutti, ma poi decidere posizioni chiare e nette».

Ripete che l’obiettivo è costruire l’alternativa. Annuncia da gennaio un viaggio di ascolto per definire le proposte del Pd da far poi confluire nel programma della coalizione. Ai chi le chiede di discutere, risponde «discutiamo anche aspramente, ma senza perdere di vista l’orizzonte comune». Ai critici ricorda che, da quando lei è segretaria, il Pd è cresciuto ovunque. «È finito il tempo delle divisioni e dei litigi, la maggioranza oggi è più larga, ma io continuo a essere la segreteria di tutti e di tutte».

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Dopo una lunga trattativa fatta fuori dalla sala dell’Auditorium Antonianum, si decide che si voterà direttamente la relazione della segretaria e non, come chiedeva Bonaccini, un documento che certificasse anche il nuovo perimetro della maggioranza interna. «Se mettete ai voti un documento, ci costringete a presentarne uno», spiegano i riformisti agli sherpa della segretaria. Sulla relazione, però, i riformisti si astengono. Segno che le differenze ci sono. Ed emergono nel dibattito. Simona Malpezzi si lamenta del fatto che mancano luoghi e momenti di discussione. Lia Quartapelle si rivolge direttamente a Schlein: «Perché abbiamo deciso di non riunire la direzione e discutere del referendum sul lavoro e dei risultati delle regionali? Se non ci troviamo mai, se non discutiamo mai saremo più fragili». Graziano Delrio, massacrato per il suo disegno di legge sull’antisemitismo, spiega che sì, «alcune aperture ci sono, ma ancora manca un profilo di governo». Pina Picierno: «Non usciremo da qui recitando la formula del testardamente unitari. Serve coraggio». Poi, la votazione, con 225 voti a favore della relazione della segretaria e 36 astenuti.

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