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Danno la colpa a Israele per i guai di Hannoun

Una tesi che fa breccia tra i soloni di X e di Facebook con la bandiera palestinese, tra i comici col pugno chiuso che non fanno ridere dal 1989 e anche tra qualche addetto ai lavori
di Massimo Costamartedì 30 dicembre 2025
Danno la colpa a Israele per i guai di Hannoun

3' di lettura

Da quando il caso delle infiltrazioni terroristiche nel movimento pro -Pal è esploso in mano alla sinistra italiana, l’argomento principe di chi vuole demolire in partenza l’inchiesta dell’Antimafia è principalmente questo: le fonti su cui i pm si basano per attribuire la finalità terroristica delle raccolte fondi in favore di Gaza provengono da Israele. Dunque - è questo il teorema - provengono da uno Stato responsabile del genocidio contro i palestinesi. E dunque sono palesemente inattendibili, perché tutto ciò che proviene dal Paese guidato da Netanyahu è falso, tendenzioso, propagandistico.

Una tesi che fa breccia tra i soloni di X e di Facebook con la bandiera palestinese, tra i comici col pugno chiuso che non fanno ridere dal 1989 e anche tra qualche addetto ai lavori. Il penalista Alessandro Diddi, per esempio, ha detto al Messaggero che «è singolare che la prova di possibili collegamenti tra i destinatari di queste somme e Hamas sia data solo da report che vengono dall’autorità militare israeliana o dai loro servizi segreti».

I pasdaran di Rifondazione Comunista la prendono invece dal versante politico: «Per Israele, Usa e Ue, Hamas è un’organizzazione terroristica, quando invece si tratta di un soggetto politico in cui si riconosce una parte dei palestinesi anche all’estero». Il corollario del teorema anti-pm è il seguente: va considerato non attendibile anche il Dipartimento del Tesoro americano, che nel 2023 aveva inserito un’associazione di Hannoun nella black list classificandola come foraggiatrice dei terroristi. Si sa, gli yankee in Medio Oriente stanno con i “criminali” israeliani. Conclusione: tutta questa indagine è fuffa creata ad arte per criminalizzare il movimento pro-Pal.

TESI DEBOLE
Ora, è ovvio che le accuse gravissime dovranno essere dimostrate in giudizio. Ma è assurdo squalificare ogni informazione provenga da Israele e Stati Uniti: due democrazie sicuramente imperfette ma, come ha ricordato anche Mattia Feltri sull’Huffington Post nei giorni scorsi, «con complesse procedure istituzionali». Gli Stati Uniti d’America, quando arrivò la segnalazione contro la onlus di Hannoun, nel 2023 non erano governati da quello zoticone repubblicano di Donald Trump bensì dall’amministrazione democratica di Joe Biden. E nelle strade di Israele, da quando è partita l’offensiva contro Hamas nella Striscia, ci sono puntualmente manifestazioni organizzate dagli oppositori di Netanyahu. Sempre in Israele esistono partiti con una linea che contrasta il premier in carica. Per quanto si possa avversare la politica di Bibi, non si può paragonare una democrazia con la tribù dei tagliagole di Hamas. Davanti a milioni di euro raccolti per beneficenza e finiti ai terroristi non si può fare spallucce; davanti alla sistematica rapina delle collette non si può dire che va tutto bene; davanti al milione in contanti trovato tra le case degli indagati e le sedi delle onlus non si può dare la colpa a Israele. Peraltro l’inchiesta è stata portata avanti dalla procura Antimafia, la stessa che nel giorno degli arresti è stata protagonista di uno scivolone anti-Israele: « Le indagini e i fatti emersi non possono in alcun modo togliere rilievo ai crimini commessi ai danni della popolazione palestinese successivamente al 7 ottobre 2023 nel corso delle operazioni militari del governo di Israele, per i quali si attende il giudizio da parte della Corte penale internazionale». Una chiosa inopportuna. Ma tutto si può dire tranne che i pubblici ministeri che hanno chiesto l’arresto dell’architetto Mohammad Hannoun siano dei servi di Netanyahu e Trump...