Consulenti lavoro, reato accesso a email dipendente protetta da password
Roma, 28 apr. (Labitalia) - "La Corte di Cassazione ha stabilito che la presenza della password nella casella di posta del lavoratore rivela la chiara volontà dell'utente di farne uno spazio a sé riservato. Di conseguenza, l'accesso abusivo di soggetti terzi alla casella e-mail protetta da password personalizzata, anche se aziendale, costituisce reato". A dirlo la Fondazione Studi dell'Ordine dei consulenti del lavoro in un approfondimento giuridico. "I giudici della Suprema Corte -spiega- hanno, così, confermato la condanna a sei mesi per un dipendente pubblico che aveva effettuato ripetuti accessi nella casella di posta elettronica di un collega per visionare e scaricare alcuni documenti". "La Corte -ricorda la Fondazione Studi- ha anche precisato che 'i sistemi informatici rappresentano un'espansione ideale dell'area di rispetto pertinente al soggetto interessato, garantita dall'articolo 14 della Costituzione e penalmente tutelata; pertanto, in un sistema informatico pubblico dove siano attivate caselle di posta elettronica protette da password personalizzate, quelle caselle rappresentano il domicilio informatico del dipendente, sicché l'accesso abusivo alle stesse, da parte di chiunque (quindi, anche da parte del superiore gerarchico), integra il reato di cui all'articolo 615/ter del codice penale'. Decisiva è dunque la presenza della password, la quale dimostra che a quella casella è collegato uno ius excludendi da parte del lavoratore, di cui anche i superiori gerarchici devono tener conto".