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Gilead: un milione e mezzo di euro per sostenere ricerca e associazioni

Premiati 66 ricercatori e associazioni per progetti scientifici, sociali e digitali innovativi nelle aree specifiche dell'infettivologia e dell'oncoematologia. I riultati di un'indagine GfK

Maria Rita Montebelli
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Siamo un popolo di potenziali ricercatori scientifici? Sembrerebbe proprio di sì, se è vero che la ricerca medico-scientifica è per gli italiani al primo posto tra le ‘buone cause' di donazione (10 per cento). Le associazioni pazienti occupano l'ultima posizione (1 per cento), superate, tra gli altri motivi di donazione, da aiuti per i Paesi in via di sviluppo, emergenze umanitarie e assistenza ai malati terminali. Tutto ciò però in un contesto che vede il settore delle donazioni in forte contrazione (6 milioni di donatori in meno negli ultimi 12 anni). È questa la ‘fotografia dell'Italia che dona', catturata dall'indagine GfK-Gilead, presentata durante la premiazione dei 66 vincitori della 7° Edizione dei tre bandi di concorso per ricercatori e associazioni pazienti promossi da Gilead in Italia: Fellowship Program, Community Award e Digital Health Program. Tre iniziative che promuovono e sostengono progetti di natura scientifica, sociale e tecnologica che possano migliorare, nel medio-breve termine, qualità di vita, assistenza terapeutica e outcome dei pazienti affetti da malattie infettive e patologie oncoematologiche. Ai vincitori è stato assegnato un finanziamento complessivo di oltre un milione e mezzo di euro che consentirà di realizzare progetti di ricerca scientifica e di assistenza al paziente, con l'impiego, per i vincitori del Digital Health Program, di tecnologie digitali. Tra i premiati della ricerca, una netta prevalenza di donne, 6 su 10. La rosa dei vincitori è stata scelta dalle Commissioni giudicatrici dei  tre bandi tra oltre 171 progetti candidati e in base a criteri predefiniti. "Siamo orgogliosi di promuovere da 7 anni queste tre iniziative che hanno portato a risultati davvero importanti – sottolinea Valentino Confalone, general manager di Gilead Sciences Italia – Con i tre bandi accogliamo già da tempo le aspettative degli italiani così come emergono dall'indagine GfK, vale a dire l'impegno costante di privati e istituzioni a fornire sostegno alla ricerca scientifica indipendente e alle associazioni pazienti attive in Italia. È un'iniziativa che rispecchia ciò che siamo e in ciò in cui crediamo da trent'anni: la ricerca di terapie innovative per migliorare la salute e la qualità di vita di milioni di pazienti in tutto il mondo”. Ad oggi le risorse erogate attraverso le 7 edizioni dei Bandi sono state pari a oltre sette milioni e mezzo di euro, destinate alla realizzazione di 327 progetti proposti da ricercatori, ricercatrici e associazioni pazienti del Paese. Un sostegno importante nell'area dell'infettivologia e dell'oncoematologia,che ha contribuito a incoraggiare la ricerca e il sostegno alle associazioni in aree, come quelle dell'infettivologia, storicamente a rischio di stigma. La donazione degli italiani risulta d'altro canto ‘selettiva': si privilegiano la ricerca e le associazioni che si occupano di oncologia o malattie neurodegenerative, a scapito di quelle che si occupano di malattie infettive (HIV/AIDS, epatiti, malattie a trasmissione sessuale, malattie tropicali), fanalino di coda nella lista. Il ruolo del privato è considerato fondamentale: una quota importante di italiani ritiene che le aziende giochino un ruolo centrale nell'affiancare il settore pubblico per sostenere sempre di più tanto la ricerca quanto le associazioni. “In uno scenario in cui le risorse private e pubbliche sono sempre più scarse e dove permane un pregiudizio verso le patologie infettive, i tre bandi promossi da Gilead costituiscono certamente una boccata d'ossigeno per la ricerca medico-scientifica e per le comunità di pazienti del Paese – sottolinea Massimo Andreoni, membro delle ocmmissioni giudicatrici dei tre bandi e ordinario di Malattie Infettive della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Roma ‘Tor Vergata' – Sono esperienze praticamente uniche nel panorama italiano che, anche attraverso le tecnologie digitali, consentono a molti ricercatori italiani di continuare il proprio lavoro e alle associazioni pazienti di svolgere il loro ruolo fondamentale di assistenza e supporto ai malati di patologie croniche”. (EUGENIA SERMONTI)

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