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TruthAboutDoctors: l'analisidella crisi di una professione

Oltre 2 mila medici rivelano le perplessità relative al ruolo che la loro professione assume nella società contemporanea. Lo studio globale è stato presentato dalla McCANN HEALTH

Maria Rita Montebelli
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Lo studio condotto dal McCann Truth Central, intitolato TruthAboutDoctors e intrapreso per conto della McCANN HEALTH, ha permesso di esaminare il parere di circa 2 mila clinici provenienti da 16 Paesi del mondo, i quali si sono espressi circa il ruolo del medico nella società odierna.  Lo studio, presentato a Milano dalla più grande comunity di health e wellness del gruppo Igp, ha lasciato emergere un diffuso senso di frustrazione e immobilismo in seno alla comunità medica che rappresenta un marcato condizionamento nell'ambito della professione. Stando a quanto emerge dallo studio, sono tre le cosiddette tensioni che influenzano maggiormente questa condizione: in primo luogo le restrizioni economiche e burocratiche vigenti nell'attuale sistema salute, che comportano una sempre più ridotta libertà d'azione e le cui ripercussioni non si limitano alla sola sfera professionale, ma sfociano anche in quella personale. Il 64 per cento dei medici sottoposti a intervista ha dichiarato di soffrire di problemi legati al sonno, mentre il 67 per cento ha evidenziato problemi in ambito coniugale. Ne risente fortemente anche il rapporto medico-paziente, con maggiore situazione di crisi nei paesi in cui il numero di soggetti da visitare risulta particolarmente elevato, come in Cina o in India). Le pecche dell'attuale sistema salute sono fonte di timori da parte dei medici che si traducono in paura di azioni legali da parte dei pazienti e delle rispettive famiglie (nel 37 per cento dei casi), difficoltà nel gestire la burocrazia (28 per cento), nel rapporto conflittuale con gli amministratori pubblici che governano il sistema (15 per cento). Tuttavia, circa il 93 per cento degli intervistati sottolinea l'importanza della propria missione professionale ribadendo il peso fondamentale del proprio ruolo di assistenza ai pazienti. “Il medico deve rimanere il protagonista del sistema salute odierno – afferma Alessio Carli, Managing director di McCANN HEALTH – e per farlo deve acquisire nuove competenze dalle quali non si può più prescindere, per padroneggiare al meglio la sfida della sostenibilità, dell'appropriatezza e la riorganizzazione assistenziale. L'evoluzione dell'ecosistema comporta una visione comune, la rottura dei silos e apre a nuove forme di dialogo tra stakeholder, perché si prendano le giuste decisioni attraverso la condivisione degli obiettivi.” Il secondo motivo di tensione riscontrato corrisponde al crescente timore relativo al progresso tecnologico o, meglio, all'intelligenza artificiale: il paziente odierno rivela la necessità di un rapporto empatico col proprio medico, ma allo stesso tempo esige una diagnosi tempestiva emanata con precisione quasi robotica. Da un lato affiora dunque la preoccupazione che l'avanzare della tecnologia possa ledere la figura professionale che, di contro, non potrà mai essere sostituita nell'aspetto puramente umano: il 59 per cento dei medici intervistati infatti, considera questo l'elemento fondamentale del proprio lavoro. “Sarebbe un errore considerare la tecnologia come una forma di controllo imposta dal sistema – continua Stephane Freneix, AD di McCANN HEALTH – dovremmo vederla come parte dello stesso e come strumento di supporto e integrazione alla diagnosi e cura. Umanizzare la tecnologia permette di garantire un'assistenza sanitaria d'avanguardia, focalizzandosi su ciò che veramente è importante per il medico: il recupero dell'empatia e la ricerca di una rinnovata relazione con il paziente!”. La digitalizzazione occupa il terzo posto tra le maggiori preoccupazioni annoverate dagli intervistati: mentre il medico è circondato costantemente da numerosi professionisti che possono in qualche modo esercitare una sorta di influenza sulla propria professione, allo stesso tempo si trova ad interfacciarsi con pazienti che oltre a mostrare esigenze sempre più profonde, dimostrano un grado di informazione più elevato rispetto al passato, quando l'accesso ad informazioni e notizie era assai più limitato. È opinione piuttosto diffusa tra i professionisti che una fetta dei pazienti (circa 1 su 5) diffidi dell'opinione del medico considerando di gran lunga più veritiero quanto appreso tramite social media. Anche in questo caso le opinioni sono contrastanti: se da un lato l'informazione autonoma può risultare utile al paziente poiché lo rende più consapevole del proprio stato di salute (opinione condivisa dal 70 per cento dei medici intervistati), dall'altro lato cattive indicazioni possono portare ad autodiagnosi assolutamente scorrette (come afferma il 59 per cento degli intervistati) o a ipocondria (35 per cento). “Il medico può rimanere un punto di riferimento– conclude Laura Caresia, medical director di McCANN HEALTH – a patto di migliorare efficienza ed efficacia delle sue prestazioni guadagnando tempo di qualità da dedicare alla propria relazione con il paziente. Si tratta di un paziente sempre più attento e responsabile, a cui il medico deve fornire informazioni qualificate, diventando soggetto attivo nei network dedicati e primo promotore del suo empowerment”. (FEDERICA BARTOLI)

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