Necessarie nuove strategie contro il colangiocarcinoma
Un congresso organizzato dal professor Domenico Alvaro, presidente Sige, affronta il tema della prevenzione e della terapia di questa grave neoplasia che colpisce il dotti biliari
Grazie ai progressi della diagnostica e delle terapie oncologiche, sempre più spesso i tumori riescono a essere cronicizzati e in molti casi chi ne viene colpito, dopo le adeguate cure, riesce a riappropriarsi completamente della propria esistenza. Un particolare tipo di neoplasia sembra tuttavia ‘agire in controtendenza': si tratta del colangiocarcinoma, patologia che colpisce le vie biliari e che risulta essere, purtroppo, in progressiva ascesa in termini di incidenza e mortalità. Proprio di questo si è parlato durante il secondo Congresso internazionale del Network europeo per lo studio del colangiocarcinoma, che si è svolto nei giorni scorsi a Roma presso l'aula magna del dipartimento di anatomia dell'università 'Sapienza' di Roma. Il congresso - organizzato dal professor Domenico Alvaro, ordinario nel settore scientifico disciplinare gastroenterologia presso il dipartimento di scienze e biotecnologie medico – chirurgiche della facoltà di farmacia e medicina della 'Sapienza' università di Roma e presidente della Società italiana di gastroenterologia (Sige) - ha visto coinvolti oltre 200 ricercatori provenienti da 12 paesi europei e dagli Usa. Il colangiocarcinoma è un tumore maligno molto severo, originato dalla proliferazione incontrollata di cellule epiteliali dei dotti biliari, ossia i canali che trasportano la bile dal fegato al duodeno. Si tratta di una patologia abbastanza rara, 1-2 casi ogni 100 mila persone, ma le ultime decadi hanno visto un incremento non trascurabile dei numero annuale di casi di colangiocarcinoma nel mondo occidentale. Questa neoplasia non è quasi mai sintomatica nelle sue fasi esordiali, con la conseguenza che un cospicuo numero di pazienti non sia trattabile chirurgicamente a causa dello stato avanzato della malattia al momento della diagnosi. Sebbene sia possibile intervenire con radio e chemioterapia, questo tumore risulta molto resistente ai trattamenti finora disponibili. Dal convegno sono emerse possibili strategie terapeutiche per i pazienti in fase avanzata di malattia non trattabili chirurgicamente, tuttavia occorre assolutamente identificare strategie di screening e sorveglianza delle popolazioni a rischio in modo da consentire una diagnosi precoce ed un trattamento chirurgico radicale. Tra i fattori di rischio, l'esposizione all'asbesto ed alle diossine o il fegato grasso hanno sicuramente un ruolo importante nel predisporre alla comparsa del tumore. Il network di ricercatori che si è riunito a Roma ha creato il primo registro europeo, che attualmente vede registrati più di 1500 pazienti e comprende anche una raccolta di campioni di tessuto tumorale e altri materiali biologici che consentono di eseguire ricerche su grandi numeri. (MATILDE SCUDERI)