Cerca
Cerca
+

Forte impatto del coaching sulla nostra 'qualità di vita'

Secondo uno studio pilota grazie all'empowerment è migliorata del 90 per cento la resa generale dei soggetti e nel 70 per cento lo stato emotivo. più felici, insomma, e meno stanchi almeno tre su cinque

Maria Rita Montebelli
  • a
  • a
  • a

Stili di vita, evoluzione culturale, prevenzione e, non solo cure, funzionano meglio quando sono 'condivisi' e la partecipazione dei cittadini alle scelte che li riguardano si rivelano vincenti, efficaci ed economicamente vantaggiose per la società nell'insieme, come per i singoli. Ecco quindi che dall'esperienza e l'intuizione dell'Institutional & Public Coaching Services (Ipacs) nasce un laboratorio di strategie di 'empowerment' destinato alla comunità. "Dobbiamo iniziare a pensare alla salute e al benessere come ad un prodotto collettivo derivante dalla confluenza di cultura e comportamenti a cui ciascuno contribuisce con le proprie competenze (quelli che gli anglosassoni definiscono con il termine 'skills'), che possono essere sviluppate, potenziate e diffuse in una spirale virtuosa”, spiega la dottoressa Francesca Cioffi, ideatrice di Ipacs. Si sta lentamente consolidando l'uso del coaching che secondo l'International Coaching Federation (Icf) ‘é quella partnership tra due persone che attraverso un processo creativo stimola la riflessione e consente di sviluppare il potenziale individuale' anche per il coinvolgimento del cittadini/pazienti come soggetti consapevoli, attivi, responsabili e competenti, in ambito socio-sanitario. “Le istituzioni si sono occupate con crescente impegno delle tematiche di empowerment e di coinvolgimento dei cittadini come target centrale - continua Francesca Cioffi - che, dotati di opportuni strumenti, possono essere soggetti attivi nella costruzione di comportamenti di salute”. Lo hanno fatto il Governo con la strategia delle Aree Interne e Ministeri con il Piano Nazionale Cronicità ma anche l'Agenas e le Regioni con dipartimenti appositamente dedicati al coinvolgimento attivo dei cittadini alle scelte di salute e alla qualità dell'assistenza. Nonostante gli ottimi propositi, si tratta però ancora di esperimenti che mancano di organicità e reale efficacia nella maggior parte dei casi. Ecco il razionale alla base dell'evento dalla doppia identità, istituzionale e formativa che si è tenuto a Roma organizzato dall'Ipacs, con il patrocinio dell'Icf e della Società Italiana per Studi di Economia e Etica sul Farmaco e sugli interventi terapeutici (Sifeit) dal titolo: ‘Quali progetti possibili di Empowerment? Committment strategico condiviso tra gli operatori di salute' che vedrà un secondo appuntamento operativo fissato per il 12 settembre. Ipacs vuole porsi come un elemento di raccordo tra istituzioni e cittadini, e metterà in campo progetti per l'empowerment delle persone in ambito socio sanitario grazie a pacchetti integrati di coaching, mentoring e formazione partecipata. L'empowerment è un principio contemplato anche dalla macro fase IV del Piano Nazionale delle Cronicità: un progetto partecipato, orizzontale, che prevede un passaggio dal ‘piano' di cura al ‘patto' di cura, fino al progetto di vita degli individui e non solo più quindi l'intervento terapeutico in caso di una patologia cronica. L'empowerment dei cittadini può diventare quindi un vero e proprio strumento di governo. All'evento  hanno partecipato tra gli altri il direttore generale della Programmazione Sanitaria del ministero della Salute Andrea Urbani, il direttore generale ATS Sardegna Fulvio Moirano, la coordinatrice nazionale Strategia Aree Interne Sabrina Lucatelli, Paola Pisanti cabina di regia del Piano nazionale cronicità del Ministero della Salute, Americo Cicchetti, direttore di ALTEMS, Fernanda Gellona, direttrice generale di Assobiomedica, Annalisa Mandorino, vice vicario generale di Cittadinanzattiva, Marina Cerbo, direttrice Innovazione e Sviluppo di Agenas, Jessica Faroni, presidentessa di Aiop Lazio, Fabrizio D'Alba di Federsanità Anci, Lorella Lombardozzi, direttrice del Dipartimento del Farmaco della Regione Lazio, Gerardo Miceli Sopo, coordinatore Aerea del Farmaco della ASL Roma 2  e 15 esperti scelti su base nazionale in base alle proprie esperienze di empowerment. Spiega Annalisa Mandorino di Cittadinanzattiva che “l'attuazione sostanziale del Piano delle cronicità in tutte le regioni rappresenterebbe un eccezionale strumento per ridurre le disuguaglianze nell'accesso alle cure da parte dei cittadini,per garantire effettività ai Livelli essenziali di assistenza e per contribuire alla sostenibilità del Ssn, mediante l'innovazione organizzativa che esso introduce. Per questo abbiamo chiesto al Ministero della Salute che il recepimento e l'attuazione del Piano da parte delle Regioni sia riconosciuto come vero e proprio adempimento Lea”. Secondo Marina Cerbo “il coaching nel settore sanitario, sviluppato, con metodi e strumenti robusti e da parte di professionisti certificati, si configura senza dubbio come una tecnologia, nell'accezione più ampia dell'Health technology assessment, di particolare rilevanza per promuovere la realizzazione dell'integrazione di percorsi socio assistenziali centrati sui bisogni e le aspettative della comunità”. Secondo Fulvio Moirano, primo ad aver inserito negli obiettivi dei DG quello dell'empowerment quando era direttore di Agenas “una evidenza esterna di empowerment  è vedere un Cup che prende in carico i pazienti cronici per la loro pluripatologia e pluriterapia, integrando attivamente i servizi attraverso un maggior coinvolgimento dei medici di medicina generale anche supportandoli con risorse aziendali per alleggerire il carico assistenziale e di integrazione dei familiari. E' necessario un dibattito su come integrare  la medicina di base con gli specialisti delle patologie croniche ed il personale infermieristico”. Un recente studio pilota pubblicato su Hta Focus ha calcolato l'impatto del coaching sulla qualità di vita di 10 operatori socio-sanitari per un periodo di 8 mesi. Dopo un ciclo di 8 incontri con un coach, il 90 per cento di essi ha mostrato un miglioramento delle propria resa personale e professionale, l'80 per cento ha apprezzato un miglioramento del proprio stato emotivo e il 70 per cento ha riferito un miglioramento nella qualità delle proprie relazioni familiari e sociali. Ma non è tutto, perché il 60 per cento ha migliorato la sensazione di felicità e percepito una riduzione della stanchezza e di esaurimento con un recupero di energie in una benefica attività fisica (per il 50 per cento del campione). In conclusione l'uso del coaching ha mostrato un miglioramento complessivo di 10 indicatori della qualità di vita che riuniscono lo stato fisico, emotivo, mentale (misurati con il questionario SF-36). Qualità di vita intesa nel senso attribuitole nel 2002 da Amartya Sen come capacità di conseguire attraverso la libertà di scelta un 'funzionamento' di valore e non in riferimento a risorse economiche. Si tratta di un cambiamento del welfare, in cui coltivare le capacità dell'individuo diventa un obiettivo delle politiche pubbliche, in una sorta di welfare 4.0. Nella relazione di coaching il coach di ICF aiuta a definire i cambiamenti importanti per l'individuo e metterli in pratica anche attraverso una ristrutturazione della graduatoria delle priorità. (EUGENIA SERMONTI)

Dai blog