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Barriere alla radioterapia per la terapia del tumore

Ogni anno in Italia oltre 30 mila pazienti ne sono esclusi. Iniziativa dell'ESTRO Cancer Foundation che lancia un appello per favorire un adeguato accesso alle più moderne tecnologie radioterapiche, a beneficio dei pazienti oncologici

Maria Rita Montebelli
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Nel 151° anniversario della nascita di Marie Curie - una delle prime donne scienziato della storia, vincitrice di due premi Nobel per le sue scoperte sulla radioattività – la Fondazione della Società Europea di Radioterapia e Oncologia (ESTRO Cancer Foundation) lancia una campagna di informazione e sensibilizzazione  dedicata all'eredità di Marie Curie che, dopo aver toccato diversi Paesi europei, giunge ora in Italia. Al fianco di ESTRO, l'Associazione Italiana di Radioterapia e Oncologia Clinica (AIRO), che nei giorni scorsi  ha ospitato a Rimini il suo congresso nazionale. La Campagna Marie Curie (Maria Sklodowska-Curie) lanciata il 7 novembre dello scorso anno dalla ESTRO Cancer Foundation, intende celebrare l'eredità lasciataci da Marie Curie, richiamando l'attenzione sul valore della scoperta della radioterapia per la medicina e i suoi benefici, oggi più attuali che mai, in campo oncologico. “Obiettivo della campagna è ribadire che insieme alla chirurgia e alla chemioterapia, la radioterapia è una delle primarie terapie oncologiche – dichiara Umberto Ricardi, presidente ESTRO – In Italia, i più recenti dati di incidenza delle patologie oncologiche riferiscono di circa 370 mila nuovi casi di tumore ogni anno, mille nuove diagnosi al giorno. Se si considera che il trattamento radioterapico è indicato, sulla base delle evidenze scientifiche, in almeno il 50 per cento dei pazienti oncologici in una qualche fase della storia naturale della malattia, si può stimare che nel nostro Paese siano oltre 180 mila i pazienti che potrebbero ogni anno trarre beneficio da questa terapia. Purtroppo, sussistono però alcune significative barriere d'accesso nel nostro Paese, che possiamo riassumere in fattori di carattere strutturale, quali carenze di risorse tecniche e umane, e in una percezione della radioterapia come specialità medica oncologica ancora da consolidare”. L'accesso alla radioterapia in Europa e in Italia. I risultati dell'indagine ESTRO condotta nell'ambito del progetto HERO (Health Economics in Radiation Oncology) rilevano che nei 27 Paesi Europei, tra cui l'Italia, l'accesso alle cure radioterapiche è estremamente eterogeneo, con i Paesi a più alto reddito dell'area nord-occidentale (primi fra tutti Olanda, Norvegia e Svizzera) che possono contare su un livello ottimale di risorse, mentre altri (tra cui Albania, Bielorussia, Repubblica Ceca) accusano carenze significative sia a livello generale di strutture, sia, in modo ancor più significativo, a livello di tecnologie avanzate, capaci di erogare i trattamenti di maggior precisione. “Complessivamente, un paziente su quattro che in Europa dovrebbe ricevere la radioterapia, ne resta invece escluso - aggiunge Ricardi – In Italia, la fotografia presenta delle zone di luci ed ombra, per quanto il bilancio finale non si scosti di molto dalla statistica europea”. Nel dettaglio, come numero di Centri, con le nostre 165 strutture disseminate su tutto il territorio nazionale, siamo ai primi posti della classifica europea, secondi solo alla Francia (176). Ma questa capillarità potrebbe non avere un impatto ottimale sull'efficienza e qualità delle cure erogate. Osservando, infatti, i dati relativi alla distribuzione dei macchinari, l'Italia risulta agli ultimissimi posti, con poco più di due unità a centro (2.1), al pari di Paesi già citati quali Bulgaria, Bielorussia e Repubblica Ceca, ovvero il cluster che emerge dall'indagine come il più arretrato a livello europeo. Anche analizzando il dato del numero di macchinari per milioni di abitanti, l'Italia si posiziona fuori dalla top-ten dei Paesi UE con una media pari a 5.7. La disparità sul territorio nazionale. Secondo quanto riportato dalle Linee guida AIRO sulla Garanzia di qualità in Radioterapia, in Italia sussistono significative differenze in termini di disponibilità di macchinari e quindi di accesso alle cure sul territorio. Se la media nazionale è di circa 6 acceleratori lineari (linac) per milione di abitanti – in linea con il dato riportato dall'indagine europea (5.7) – la loro distribuzione varia sensibilmente da regione a regione: nel Nord si raggiunge una media pari a 6.7, nel Centro pari a 7.4, mentre nel Sud e nelle Isole ci si attesta su una media di 4.9 per milione di abitanti. Emerge, pertanto, una disomogeneità territoriale con alcune regioni che raggiungono, a volte superandoli, gli standard europei che prevedono dalle 7 alle 8 macchine per milione di abitanti, ed altre che sono molto al di sotto di essi. Una situazione che costringe purtroppo molti pazienti a ‘migrare' al Centro-Nord per poter accedere alle cure radioterapiche senza lunghe attese, in situazioni dove un intervento tempestivo può fare la differenza. Negli ultimi anni si è cercato di porre rimedio alla carenza di macchinari, ma emerge con forza anche l'esigenza del rinnovamento tecnologico. “La radioterapia è un campo della medicina in rapidissima evoluzione non solo perché trova sempre nuove indicazioni, ma anche perché l'introduzione di tecnologie sempre più avanzate consente di assicurare un migliore controllo della malattia e di ridurre o minimizzare il rischio di effetti avversi. Investire nel rinnovamento dei macchinari è quindi di fondamentale importanza per assicurare la qualità delle cure. Oggi possiamo stimare che circa il 40 per cento delle macchine in dotazione dei centri italiani sia da sostituire”, dichiara Stefano Magrini, presidente AIRO. Rafforzare il ruolo dell'oncologo radioterapista. Un altro nodo critico è quello del riconoscimento del ruolo della radioterapia e dell'oncologo radioterapista nel percorso diagnostico-terapeutico. “Per offrire il massimo beneficio al paziente oncologico, l'integrazione multidisciplinare è fondamentale e va rafforzata – spiega Vittorio Donato, presidente eletto AIRO – In presenza di una diagnosi di tumore maligno, la decisione sul percorso terapeutico più appropriato per quel paziente deve essere presa in modo concertato dall'oncologo radioterapista, dall'oncologo medico e dal chirurgo oncologo. Oggi, le più recenti evidenze scientifiche ci dicono che la sopravvivenza a 5 anni dei pazienti oncologici arriva a sfiorare il 60 per cento ed è un dato superiore alla media europea: il raggiungimento di questo importante risultato è reso possibile proprio dall'integrazione di tutte le competenze e strategie terapeutiche disponibili”. Se, in ambiti come quello del tumore al seno, il percorso verso la multidisciplinarietà è già avviato (vedi modello Breast Unit), in altre patologie oncologiche va ancora rafforzato e incentivato. Inoltre, specialmente in alcune aree del Paese, esistono limitazioni alla possibilità dell'oncologo radioterapista di prescrivere farmaci oncologici, spesso necessari anche in concomitanza al trattamento radioterapico, il che crea notevoli disagi al paziente, che si trova spesso disorientato. Investire di più in formazione e attrazione di risorse. Proprio alla luce del ruolo chiave che l'oncologo radioterapista è chiamato a svolgere nel team multidisciplinare e delle elevate competenze cliniche e tecniche richieste per l'impiego delle più moderne tecnologie, un ruolo chiave nell'accesso alla radioterapia è svolto anche dalla formazione. “Spesso, anche laddove strutture e macchinari sono adeguati, si possono registrare, purtroppo, carenze di personale. Sarebbe utile che queste carenze venissero colmate – aggiunge il professor Magrini – E che si possano attivare meccanismi virtuosi per attrarre giovani dotati verso questa specializzazione, che coniuga nel suo percorso formativo l'acquisizione di importanti competenze oncologiche cliniche, anche tramite la frequenza in reparti di degenza e day hospital oncologici, a quella del ‘know how' per il corretto utilizzo dei sistemi più avanzati per il trattamento radioterapico. Ciò è tanto più necessario alla luce della tumultuosa crescita degli impieghi della radioterapia in ambiti clinici altamente innovativi e del conseguente bisogno di un continuo aggiornamento professionale, anche in ambito di trattamenti chemioterapici e con farmaci ‘biologici', come previsto dal Core curriculum di ESTRO”. Contrasto dei falsi miti e terapie di ultima generazione. Sviluppata grazie alle basi gettate da Marie Curie con la scoperta del radio oltre 150 anni fa, la radioterapia può vantare una pratica clinica lungamente consolidata, che la rende una soluzione sicura ed efficace. Oggi, grazie ai progressi tecnologici, le apparecchiature più moderne sono in grado di agire in modo sempre più mirato sul bersaglio tumorale, preservando le funzionalità dell'organo, lasciando intatti i tessuti sani vicini e riuscendo in molti casi anche a garantire benefici riducendo il numero di applicazioni. “Troppo spesso la radioterapia viene ancora comunemente percepita come una strategia invasiva, che comporta rischi per la salute e da considerare solo in ultima istanza, a malattia avanzata, quasi solo come cura palliativa. Nulla di più lontano dalla realtà – aggiunge Donato – La radioterapia svolge oggi un ruolo fondamentale nel trattamento delle neoplasie più frequentemente diagnosticate in Italia e in Europa, come quelle al polmone, al seno, alla prostata. In molti casi, può essere una scelta ottimale sia in fase iniziale, quando il tumore è ancora di piccole dimensioni e la radioterapia si pone come alternativa all'intervento chirurgico, sia nei pazienti con metastasi, quelli più difficili da trattare e dove si stanno ottenendo risultati significativi utilizzandola anche in associazione alle terapie oncologiche di ultima generazione, come la ‘target therapy' e l'immunoterapia, di cui l'intervento radioterapico è – per certi versi – il precursore e un efficace completamento, poiché il suo meccanismo d'azione agisce in modo selettivo e preciso sul tumore, da un lato, e aumentando l'effetto immunitario, dall'altro. Ricordo infine che la radioterapia trova indicazione in quasi tutte le malattie rare”. Il contributo di Marie Curie alla terapia oncologica. Non esisterebbe alcuna radioterapia contemporanea se non fosse per Maria Sklodowska-Curie – la madre della radioterapia – della quale ricorre quest'anno il centocinquantunesimo anniversario della nascita. Le sue scoperte nel campo della radioattività hanno gettato le basi per l'uso delle radiazioni nella terapia oncologica. Per questa ragione la campagna dedicata all'eredità di Marie Curie promossa dalla Fondazione di ESTRO ha colto l'occasione della speciale ricorrenza per lanciare un'iniziativa per sensibilizzare sui benefici della radioterapia, nell'ambito della quale è stato anche realizzato un video con immagini dedicate alla vita della scienziata premio Nobel e alla scoperta del radio, che hanno aperto la strada a nuove terapie efficaci contro il cancro: https://150yearsmariecurie.org/. (STEFANO SERMONTI)

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