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Sicurezza sanitaria in ItaliaL'Ssn promosso dai cittadini

Gli italiani si fidano delle strutture ospedaliere italiane e credono che i livelli di preparazione del personale, di igiene degli ambienti e di qualità dei materiali siano adeguati. Ma esistono sempre dei margini di miglioramento

Maria Rita Montebelli
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Cosa pensano i cittadini del nostro Servizio sanitario nazionale (Ssn)? Non ci sono scandali di malasanità che tengano: sebbene con qualche margine di miglioramento,  gli italiani sono generalmente soddisfatti delle strutture sanitarie del territorio e si approcciano con fiducia al personale che vi opera. È quanto emerge dalla ricerca ‘Sicurezza del paziente in ospedale', realizzata da Doxapharma con il contributo incondizionato di Becton Dickinson. L'indagine, condotta su un campione di 750 persone, offre uno spaccato sulla percezione e il vissuto degli italiani sul tema della sicurezza applicata alle prestazioni erogate nelle strutture sanitarie.I  dati emersi dalla ricerca Doxa prospettano un giudizio complessivamente buono per quanto concerne le procedure di sicurezza in quasi il 70 per cento dei rispondenti. L'88 cento degli intervistati pensa infatti che all'interno degli ospedali siano presenti dei protocolli, dato che conferma la fiducia nel ‘sistema', anche se 4 italiani su 10 si dimostrano ancora un po' scettici sulla corretta esecuzione di queste procedure nella pratica quotidiana.“L'Italia è uno dei paesi che si è maggiormente adoperato per migliorare la qualità e la sicurezza delle cure  - dichiara Riccardo Tartaglia, presidente Insh - Italian network for safety in healthcare  - ed è una tra le poche nazioni che ha una legge che ha introdotto importanti cambiamenti in questo ambito. Grazie alle pratiche per la sicurezza promosse dal ministero della Salute, tra cui per esempio quelle relative ad alcune cause di mortalità materna, si è verificata in questi ultimi anni in alcune regioni una riduzione significativa dei cosiddetti casi ‘sentinella', allineando l'Italia ai paesi europei con sanità più avanzata con circa 8 casi su 100 mila ". Ma cosa pensano gli italiani quando si parla di ‘rischio' o ‘evento avverso' in ospedale? Quali le prestazioni sanitarie più temute? La ricerca evidenzia che l'85 per cento degli intervistati si pone il problema della sicurezza durante una prestazione sanitaria o ospedaliera. I prelievi del sangue e gli esami diagnostici sono le prestazioni maggiormente effettuate ma percepite a più basso rischio, al contrario trasfusioni di sangue (45 per cento) e pronto soccorso (30 per cento), seppur meno frequenti, risultano a più alto rischio. Il 52 per cento degli italiani dichiara inoltre dei timori quando deve affrontare un intervento in anestesia totale. Fra i luoghi considerati più sicuri svetta la terapia intensiva nel 73 per cento degli intervistati, mentre la sala operatoria si attesta al 28 cento. "È indubbio che i reparti chirurgici, le sale operatorie e le terapie intensive siano aree ospedaliere nelle quali c'è massima attenzione dal punto di vista igienico-sanitario e di rispetto delle procedure - dichiara Nicola Petrosillo, direttore dipartimento clinico e di ricerca in malattie Infettive, Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma - Gran parte del lavoro di prevenzione viene effettuato oggi proprio in queste aree: singoli episodi di infezione, talora fatali, non costituiscono la regola; occorre però un'analisi completa, anche in questi casi, dei possibili errori e di come migliorare la qualità dell'assistenza erogata". Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, mille pazienti su 10 mila in ospedale subiscono un evento avverso correlato alla gestione sanitaria, nel 50 per cento dei casi prevenibili. In Italia il tasso di incidenza di eventi avversi è pari al 5,2 per cento, quindi più basso rispetto allo stimato, con una prevenibilità del 56 per cento. “Molti passi in avanti sono stati fatti nell'ambito della prevenzione del rischio, ma molto resta ancora da fare, per arginare almeno quelli più frequenti – spiega Tartaglia - L'unico studio italiano condotto sugli eventi avversi individua nel nostro paese l'area medica e non quella chirurgica come quella più a rischio. È stimato infatti che dal 6 al 12 per cento degli eventi avversi è generato da errori diagnostici e che circa il 5 per cento si verifica nell'ambito delle cure ambulatoriali. Tuttavia è chiaro che la chirurgia è sempre ad alto rischio ma questo è comprensibile in quanto spesso ci si trova ad operare in alcune situazioni ai limiti del possibile”. Sempre secondo la ricerca Doxa gli italiani sono all'erta sull'igiene e sulla qualità dei materiali e degli strumenti utilizzati. Nella loro percezione infatti risulta ancora una preoccupazione legata a questi aspetti: scarsa igiene della struttura ospedaliera (65 per cento), mancanza di sicurezza degli strumenti come per esempio aghi o bisturi che vengono a contatto con materiale biologico (62 cento); mancato controllo delle sacche di sangue per le trasfusioni come causa di infezioni (61 per cento). “Il rischio infettivo, legato a prestazioni sanitarie o ospedaliere, non è un rischio azzerabile, ma può essere ridotto al minimo attraverso misure di prevenzione adeguate.  Dobbiamo anche evidenziare che a causa dell'invecchiamento della popolazione i pazienti sono sempre più complessi - immunodepressi, pluritrattati, etc. - e quindi sempre più suscettibili alle infezioni stesse in un contesto nazionale in cui c'è una larga diffusione di germi multi-resistenti all'interno delle strutture assistenziali - precisa Petrosillo - Per quanto riguarda invece le preoccupazioni legate alle trasfusioni, attualmente il rischio di contrarre un'infezione a seguito di una trasfusione di sangue è praticamente nullo, come ampiamente dimostrato dal sistema di sorveglianza nazionale coordinato dal Centro nazionale sangue”. (MATILDE SCUDERI)

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