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Tumore della mammella metastatico: “Così prolunghiamo la sopravvivenza”

Studi presentati al congresso europeo di oncologia (ESMO) di Barcellona su due farmaci della classe degli inibitori delle cicline che prolungano la sopravvivenza fino a quattro anni e allontanano il ricorso alla chemioterapia

Maria Rita Montebelli
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Sono oltre 37 mila le donne italiane affette da tumore della mammella in fase metastatica ormono-sensibile, una condizione per la quale fino ad un recente passato non si disponeva di grandi possibilità di terapia. Ma la ricerca sta facendo passi da gigante anche in questo campo. Prova ne sono gli studi presentati al congresso europeo di oncologia (ESMO) in corso a Barcellona, relativi a due farmaci della classe degli inibitori delle cicline che prolungano la sopravvivenza fino a quattro anni e allontano la necessità di ricorrere alla chemioterapia. Risultati che riaccendono la speranza in quelle donne e in quelle famiglie impegnate a combattere la loro battaglia quotidiana contro il tumore. Studio MONARCH-2. Abemaciclib, una nuova terapia a target (un un inibitore di CDK 4/6, o inibitore selettivo delle chinasi ciclina-dipendenti),  prolunga la sopravvivenza media di quasi 10 mesi nelle donne con tumore della mammella in fase metastatica. Lo studio MONARCH-2, presentato a Barcellona all'europeo di oncologia e pubblicato in contemporanea su JAMA Oncology ha dimostrato che abemaciclib, oltre a determinare un vantaggio netto sulla sopravvivenza, garantisce anche una buona qualità di vita alle pazienti. E non solo. Grazie alla sua elevata selettività e al suo profilo di sicurezza il farmaco può essere somministrato in continuo, tutti i giorni, inibendo costantemente la divisione delle cellule tumorali, facendole così ‘invecchiare' e morire di conseguenza. “I nuovi risultati di abemaciclib – afferma Pierfranco Conte, professore di Oncologia medica all'Università di Padova e direttore della divisione di oncologia medica 2, all'Istituto Oncologico Veneto – sono davvero importanti. In oncologia anche numeri che possono sembrare ‘piccoli', sono in realtà grandi conquiste della ricerca. Questo farmaco è un inibitore selettivo molto efficace, in grado di prolungare il controllo della malattia nelle pazienti con tumore della mammella sensibile agli ormoni (è questo il tipo più frequente di questa neoplasia e rappresenta circa il 70% dei casi in stadio avanzato). Dopo aver dimostrato un beneficio netto sulla sopravvivenza libera da progressione di malattia, i risultati del MONARCH 2 mostrano un miglioramento significativo anche nella sopravvivenza globale delle donne affette da carcinoma mammario avanzato con recettori ormonali positivi. Queste pazienti hanno adesso un'opzione di trattamento in più, che può consentire loro di vivere più a lungo.” Lo studio MONARCH 2 ha arruolato 669 donne di età media 59 anni (ma con un range da 32 a 91 anni) assegnandole al trattamento standard con fulvestrant (lo standard di trattamento attuale) o a quello con fulvestrant e abemaciclib. Le donne trattate con l'associazione hanno presentato una sopravvivenza mediana di 46,7 mesi, contro i 37,3 mesi del gruppo trattato col fulvestrant (+ 25 per cento di sopravvivenza).  “I risultati dello studio – prosegue il professor Conte - suggeriscono che a rispondere meglio al nuovo farmaco sono le donne con la forma più aggressiva di malattia, cioè quelle con metastasi viscerali (ad esempio a livello del polmone o fegato), rispetto a quelle con malattia ‘indolente' (ovvero quelle con metastasi localizzate solo a ossa e linfonodi). Il trattamento con abemaciclib ha fatto inoltre sì che mediamente le pazienti arrivino alla chemioterapia molto più tardi (in media dopo oltre 50 mesi), rispetto a quelle trattate col solo fulvestrant (22 mesi). E il fatto stesso di non dover fare chemioterapia – conclude il professor Conte – rappresenta un importante miglioramento della qualità di vita”. Favorevole anche il profilo di sicurezza del farmaco che, rispetto alla sola ormono-terapia dà qualche caso di diarrea severa in più (peraltro controllabile con i comuni anti-diarroici). “Un effetto indesiderato – prosegue il professor Conte - che fa da contraltare a quello degli altri due farmaci appartenenti a questa categoria, che possono avere un impatto importante sulla riduzione dei globuli bianchi, tanto da dover essere somministrati con delle ‘pause' di una settimana ogni tre settimane di trattamento. Nel caso di abemaciclib invece il farmaco può essere somministrato continuativamente. E' importante dunque per il medico avere a disposizione più alternative terapeutiche perché questo consente di personalizzare il trattamento, anche all'interno di una stessa classe terapeutica, in base al profilo di tollerabilità. Nel caso di abemaciclib ad esempio, visto il suo minor impatto sulla tossicità midollare, potrebbe essere il farmaco da preferire per le donne con metastasi ossee o precedentemente trattate con chemioterapia”. Il farmaco è attualmente approvato in oltre 50 Paesi in tutto il mondo e sarà a breve rimborsato anche in Italia. Studio MONALEESA-3. All'ultima edizione dell'ASCO (il mega-congresso di oncologia americano) avevano fatto scalpore i risultati dello studio MONALEESA-7: il ribociclib (farmaco della famiglia degli inibitori di CDK 4/6, o inibitori delle cicline), una terapia a bersaglio, ha prodotto – ed è a prima volta per questa forma tumorale – un aumento della sopravvivenza nelle donne in pre-menopausa con tumore della mammella ormono-sensibile metastatico. E adesso all'ESMO, il congresso europeo di oncologia, arrivano i risultati di MONALEESA-3, sulle donne con tumore della mammella in post-menopausa, che confermano le ottime performance di ribociclib anche in questo gruppo di donne. Sono i numeri a parlare. Il nuovo farmaco, associato alla terapia standard utilizzata finora (il fulvestrant) riduce il rischio di mortalità del 28 per cento rispetto al solo fulvestrant. E a 42 mesi dall'inizio dello studio, la sopravvivenza è risultata del 46 per cento nel gruppo fulvestrant contro il 58 per cento nel gruppo trattato con ribociclib in aggiunta al fulvestrant. “Aggiungere il ribociclib alla terapia con fulvestrant – commenta il professor Michelino de Laurentis, direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-Polmonare, Istituto Nazionale Tumori ‘G. Pascale' di Napoli - significa ottenere un controllo della malattia, garantendo un'ottima qualità di vita alle pazienti per almeno 3 anni, in almeno la metà di loro. È in assoluto il dato di sopravvivenza più lungo mai prodotto da una terapia nelle donne con tumore della mammella metastatico. Per fare un confronto, basti dire che con la chemioterapia non si arriva oltre 12 mesi di controllo della malattia. Con questo trattamento arriviamo al triplo della sopravvivenza”. Facile anche lo schema del trattamento che può essere fatto a casa, senza necessità di recarsi in ospedale. Il fulvestrant si somministra con una iniezione ogni 28 giorni; il ribociclib è in compresse che si assumono 21 giorni al mese, cui segue una settimana di sospensione. Una parte delle donne però non risponde al ribociclib, o diventa resistente ad esso. Per indagare il perché del fenomeno, è stato progettato uno studio, il BioItaLEE, che ha lo scopo di individuare dei biomarcatori di risposta o di resistenza al farmaco. Questo consentirà di prevedere quali pazienti avranno maggiori possibilità di risposta alla terapia a target con inibitori delle cicline e di individuare i meccanismi di resistenza. (MARIA RITA MONTEBELLI)

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