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Tumore alla prostata, il colesterolo alto aumenta il rischio di ammalarsi

Cristina Agostini
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Gli uomini devono stare molto attenti al colesterolo alto perché secondo gli ultimi due studi scientifici internazionali aumenta il rischio di sviluppare alcune importanti patologie alla prostata tra le quali l'iperplasia prostatica benigna (Ipb) e il tumore. La prima ricerca è pubblicata sulla rivista Prostate, condotta su 36 mila uomini tra i 40 e i 99 anni, di cui quasi 9mila con colesterolo alto, monitorati per un periodo compreso tra 1 e 14 anni, dal quale è emerso che i maschi con evidente propensione a mantenere o sviluppare livelli di colesterolo alto (iperlipidemia o ipercolesterolemia), supportati anche da una dieta pesante, ricca di grassi, avevano quasi il 25% di probabilità in più di incorrere in un ingrossamento della prostata (Ipb). Leggi anche: Soffri di disfunzione erettile? Brutto sintomo: che malattia può nascondere Infatti, il 13% di casi di Ipb sono registrati nel gruppo a maggior rischio per iperlipidemia contro meno del 6% riscontrato nei maschi con colesterolo nella norma. Un risultato rilevante se si considera che, secondo le stime diffuse dalla Società italiana di urologia (Siu), l'Ipb colpisce il 5-10% degli uomini di 40 anni di età, e fino all'80% degli uomini tra 70 e 80 anni, mentre l'iperlipidemia interessa il 34% degli uomini, con punte del 68% per quello cattivo (Ldl). Ma non è tutto: secondo l'altro studio pubblicato su Oncotarget, il colesterolo alto in sinergia con una terapia a base di statine, potrebbe svolgere anche una azione maligna sulla prostata, favorendo la possibile insorgenza di un tumore, anche in forma aggressiva. La ricerca ha riguardato oltre 767 uomini affetti da un tumore della prostata localizzato e in attesa di prostatectomia radicale: di questi, i pazienti con ipercolesterolemia mostravano una incidenza superiore al 37% per lo sviluppo di un tumore della prostata, scarsamente differenziato all'istologie e localmente avanzato e/o aggressivo, con anche il coinvolgimento linfonodale nel 19% dei casi.

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