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Il punto G? Non esiste

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Studio inglese rompe un mito

Franci Belotti
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Il "punto-g", croce e delizia di chi dell'amore vuol fare un'arte, sarebbe "solo un mito". Ad affermano sono gli scienziati del King's College di Londra in Gran Bretagna, che gli hanno dato la caccia intervistando 1.800 donne e giungendo a una conclusione per molti, e soprattutto per molte, deludente. "Il fulcro del piacere femminile sarebbe semplicemente frutto dell'immaginazione umana – spiegano gli scienziati - un mito propagandato dalle riviste e da alcuni terapisti". Il punto Graefenberg, o punto G, è stato chiamato così in onore del ginecologo tedesco Ernst Graefenberg, che lo descrisse per la prima volta oltre 50 anni fa come un'area, posta a 2-5 centimetri dall'entrata del canale vaginale, particolarmente sensibile alla stimolazione sessuale. Recentemente, proprio in Italia, nuove ricerche sembravano aver reso possibile individuarlo utilizzando gli ultrasuoni. Ma la più grande indagine scientifica mai effettuata sullo scottante argomento, sembra confutare queste e tutte le altre teorie finora vigenti sul mito numero uno dell'anatomia femminile. Eppure Beverley Whipple, sessuologa sostenitrice della reale esistenza del punto G, definisce questa ricerca imperfetta, sia per la composizione del campione, sia perché non sono stati presi in considerazione gli effetti di differenti partner sessuali, che utilizzano diverse tecniche amorose. "Anche se molte donne pensano il contrario – spiega Tim Spector, coautore dello studio - abbiamo rilevato che è impossibile trovare tratti realmente riconducibili al punto G". Ma c'è anche un lato positivo di tutto ciò: coloro che sanno di non averlo, non si dovranno più sentire inadeguate.  

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