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Alexa, ecco qual è l'ultimo inganno per illudersi che si possa vivere in eterno

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Lucia Esposito
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Alexa che ridà voce ai morti è un inganno. È l'illusione di mettere in musica il silenzio tombale dell'eternità, è l'ennesimo tentativo dell'uomo di confezionarsi la bugia dell'immortalità. Una scappatoia che non ci porterà mai fuori dalla finitezza ma ci farà perdere nel labirinto della nostra presunzione. Alexa continui a fare il suo mestiere di robot, risolva i nostri piccoli e grandi problemi quotidiani - ci dica come si fa il risotto coi funghi, qual è la capitale dello Zimbabwe, quanto è alto precisamente il monte Cervino - ma stia lontano dai defunti e dal loro ricordo.
La morte è una cosa seria, troppo seria, e anche la più sofisticata tecnologia non può essere così altezzosa da pensare di poterla gabbare. Non possiamo rendere la morte meno morte, più dolce, più accettabile, dicendo ai nostri figli: «Il nonno non c'è più ma potrà ancora leggerti la favola della buonanotte. Se accendi Alexa, schiacci il pulsante, lui ti parlerà per sempre». Non possiamo farlo perché è una bugia tremenda.
Il nonno non c'è più e la voce che Alexa diffonde nella stanza è solo il risultato di un intelligentissimo algoritmo. La voce del nonno era impastata col suo respiro, aveva il ritmo del battito del suo cuore, era legata ai suoi occhi che si spalancavano di meraviglia quando apriva il libro e iniziava a dire: "C'era una volta...". La voce del nonno era anche la sua storia di uomo, dei posti in cui aveva vissuto, delle sigarette che aveva fumato, delle bronchiti che gli avevano riempito i polmoni. E Alexa non potrà mai restituirci tutto questo.
Siamo abituati a togliere le pietre d'inciampo dal cammino dei nostri figli, siamo sempre pronti ad edulcorare la bruttezza del mondo, a trasformare le streghe in principesse, coloriamo di rosa le pareti delle loro esistenze, ma davanti alla morte tutti noi dovremmo alzare le mani e arrenderci. Normalmente la morte del nonno è il primo grande dolore della vita di un bambino, qualcosa di troppo grande e inspiegabile, eppure non possiamo in nessun modo ricucire questo strappo. I piccoli devono attraversare il lutto della perdita perché fa parte del mistero della vita, perché non si può pensare di mettere una toppa a quel buco che hanno nel cuore. Possiamo dire ai nostri figli che con gli anni dimenticheranno la sua voce e forse anche il colore degli occhi, ma il nonno continuerà a vivere attraverso il loro ricordo. È la memoria che consegna una vita all'eternità. Dicono che tra vent' anni riascoltare la voce del defunto e colloquiare con lui sarà come oggi vedere una fotografia. Farà parte del corredo di ricordi. Sarà anche così, forse. Ma se chiediamo ai nostri figli di non dire bugie, non dobbiamo poi raccontare la più spietata delle menzogne. La voce del nonno si zittisce quando il suo cuore smette di battere. E Alexa è un analgesico, una cattiva medicina per digerire o provare a lenire un dolore che invece dovrebbe restare lì, come una cicatrice sull'anima. Per ricordare il proprio nonno non serve accendere Alexa ma riannodare il filo del passato anno dopo anno fino a tornare bambini sulle sue ginocchia incerte, chiudere gli occhi e sentire quel «vissero felici e contenti» che rendeva meno spaventose le notti della nostra infanzia

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