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Embrioni umani sintetici, la scoperta: malattie genetiche e aborti, può cambiare tutto

Giordano Teodoldi
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Embrioni umani sintetici. Ci siamo, la notizia arriva dal meeting annuale della International Society for Stem Cell Research (società internazionale per la ricerca sulle cellule staminali) che si tiene dal 14 al 17 giugno a Boston. Mercoledì, la professoressa Magdalena Zernicka-Goetz, scienziata dello sviluppo polacco-britannica in forza presso l’Università di Cambridge e il California Institute of Technology, ha affermato: «Possiamo creare modelli di embrioni umani riprogrammando le cellule embrionali staminali».

In soldoni, gli scienziati sono arrivati al punto di prendere una singola cellula staminale embrionale e coltivarla e manipolarla in laboratorio – facendo a meno di ovuli e sperma – in modo da creare un modello, un prototipo diciamo pure, dell’embrione umano. Questo modello o prototipo nelle sue strutture non ha né un cervello né un cuore né un intestino, ma include tutte quelle cellule che, in un normale sviluppo, andranno a formare la placenta, il sacco vitellino, e lo stesso embrione. Ancora più in breve: gli scienziati hanno fabbricato in laboratorio, a partire da una cellula staminale, un pre-embrione umano.

 


 

LA FINESTRA - Ma perché l’hanno fatto? Le ragioni più evidenti sono due. La prima, è che la ricerca tecnico scientifica rotola su un piano inclinato e nessuno può fermarla. Se qualcosa è possibile, prima o poi la si realizza (salvo poi l’intervento del legislatore che stabilisce i confini di queste procedure). La seconda, è che si prospettano indubbie applicazioni in campo medico: gli scienziati parlano della possibilità di creare una “finestra” sull’impatto delle mutazioni genetiche e sulle cause biologiche degli aborti spontanei ricorrenti. Esiste infatti, per la coltivazione in laboratorio degli embrioni (naturali), un limite di quattordici giorni, oltre i quali non è più possibile proseguire le ricerche. Questo limite, nei casi dei proto-embrioni ottenuti da una cellula staminale (sintetici quindi), non vale più, e di conseguenza si potranno osservare i passi successivi dello sviluppo embrionale. È come se, invece di studiare un organismo vero e proprio, se ne studiasse una sua copia sintetica, che però promette di comportarsi in tutto e per tutto come quello naturale.

Nel caso degli embrioni naturali, i ricercatori possono riprendere a studiarli soltanto dal momento in cui sono visibili nelle ecografie, o vengono donati a scopo di ricerca. C’è quindi un periodo intermedio di oscurità, detto in gergo “black box”, scatola nera. Grazie ai proto-embrioni, o modelli embrionali che dir si voglia, gli scienziati potranno finalmente guardare cosa si cela di tanto misterioso dentro la scatola nera della vita, man mano che questa si forma e si sviluppa. E quindi, tutto ciò che, eventualmente, in questa delicatissima fase può andare storto, creando alterazioni, malformazioni, malattie o aborti spontanei, adesso potrebbe venire in luce, e, quindi, potrebbe anche essere curato. Nessun dubbio quindi sulla potenziale, enorme utilità di questa ricerca, e sui grandi benefici che ne deriverebbero dal punto di vista clinico.

 

 

GLI OSTACOLI - Ma ci sono alcuni ostacoli, e non piccoli. Il primo: già in passato – nell’agosto scorso - questa “modellizzazione degli embrioni” era stata realizzata con i topi. Il proto-embrione del topo era, come quello umano, un modello che sembrava quasi identico a quello naturale. Piccolo problema: quando fu impiantato nell’utero di un topo femmina, non si sviluppò nell’animale adulto. Lo scorso aprile, un analogo esperimento è stato tentato con i proto -embrioni delle sintetici scimmie: in alcune apparvero anche i segni della gravidanza, ma presto, dopo pochi giorni, il processo abortì. E gli scienziati non sanno dove sia il problema: se sia di natura tecnica o biologica (probabilmente entrambe le cose?).

Il secondo problema è squisitamente etico. È legittimo lavorare per un futuro in cui gli uomini si riprodurranno per via di manipolazione sintetica, e non sessualmente? Tirando le somme, per ora siamo ben lontani dall’avere gravidanze umane da embrioni sintetici, belli e fatti in laboratorio. Ognuno decida per sé se questo è un bene o un male. Forse le grandi, dirompenti scoperte accadono seguendo una misteriosa, laica provvidenza: solo quando siamo pronti, davvero, a gestirle. In passato non sempre è stato così, ma auguriamoci che con il segreto della vita, si proceda con maggiore cautela e saggezza. 

 

 

 

 

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