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La fantascienza è realtà Il bus è senza conducente

di Claudia Osmettigiovedì 16 ottobre 2025
La fantascienza è realtà Il bus è senza conducente

4' di lettura

Quell’avviso scritto in stampatello, vietato-parlare-al-conducente (che, tra parentesi, ma chi se l’è mai filato?), manco c’è: e d’altronde sarebbe oltremodo ridicolo visto che questa è una delle nuovissime navette senza pilota che circolano davanti al campus Luigi Einaudi di Torino. Compatte, ipertecnologiche, se sei distratto neanche ci fai caso, quando alzi gli occhi e realizzi che sei su una “scatoletta” del tutto autonoma fatichi a crederci: come bus sono a modo loro originali, è vero, hanno posto al massimo per otto persone, la capienza è più quella di un mini-van che di un pullman di linea e, in più, viaggiano a un massimo di 25 chilometri orari che è più o meno la velocità media di un motorino guidato da un neopatentato, però vuoi mettere? Non c’è il volante, non ci sono i pedali, non c’è nemmeno il posta di guida: sali (fino al 31 marzo saranno addirittura totalmente gratuite) e lei parte. Fa tutto da sola.

Benvenuti nel futuro. Che, però, è adesso. Perché sì, d’accordo, in altre parti del mondo (come in Cina o negli Stati Uniti) i mezzi automatizzati sono già la norma, però no, da noi, qui, in Italia, una roba del genere non s’era mai vista prima. Fa un po’ fantascienza, fa soprattutto scienza (quanto software, quanta innovazione ci sono dietro?): è ancora in fase di sperimentazione e ha qualche frenata brusca di troppo, ma non è un azzardo né tanto meno è una corsa allo sbaraglio. La navetta senza conducente (che è l’evoluzione della metro senza conducente: quella, qualche anno fa, ci sembrava la rivoluzione dei trasporti del millennio e ora la diamo per scontata) è stata pensata, è stata studiata, è stata voluta.

Per il momento la guida autonoma di AutoMove fa tre chilometri, che è il percorso torinese ad anello che collega corso Tortona con (appunto) il campus Einaudi. Nel mezzo ci sono cinque stazioni e non ne salta una. Abordo ha tutti i sensori che le servono per processare le informazioni dell’ambiente circostante in tempo reale dato che il problema del traffico, ciò che fa la differenza con una linea ferroviaria che segue necessariamente il tracciato dei binari, è proprio la sua imprevedibilità. Metti che scatta un semaforo rosso, la navetta lo rileva e si ferma prima. Metti che sulla carreggiata s’infila (spericolato) un furgoncino all’ultimo minuto, lei se ne accorge e nel dubbio inchioda (sempre meglio che andarci a cozzare addosso). Metti che qualche maleducato ha parcheggiato in doppia fila e lei è bloccata nel suo senso di marcia, a fianco della plancia collegata al monitor di navigazione c’è (per ora) un “safety driver” che è pronto a intervenire con un piccolo joystick e a spiegarle come superare in sicurezza il fastidioso ostacolo.

Guidare in città non è facile (non è facile neanche per chi ha la patente da anni): «Mentre sei sopra conviene dimenticarsi che non c’è nessuno alla guida», dice ironico il sindaco dem di Torino, Stefano Lo Russo, e questa volta ha ragione: «Ma è un mezzo prudente che si ferma quando è ora. Un giorno sarà comune vederlo nel panorama urbano». «Dobbiamo immaginarlo come un tram virtuale che segue una rotaia virtuale», aggiunge l’amministratore delegato di Gtt (ossia del Gruppo torinese trasporti) Guido Mulè: e probabilmente così si capisce davvero il grande passo tecnologico che è stato fatto grazie al progetto Living lab ToMove finanziato coi fondi del piano per la ripartenza del post-Covid (il Pnrr) e con la collaborazione dell’azienda neozelandese Ohmio che ha materialmente prodotto questa navetta dei tempi futuri-odierni.

Tu stai lì, seduto sulle seggiole uguali in tutto e per tutto alle sorelle dei tradizionali pulmini, e fuori per strada la gente ti segue con lo sguardo come se fossi un marziano dentro una navicella. Il giro proposto è ancora a metà tra la necessità di spostarsi e il divertimento di farlo in un modo che fino a due giorni fa non esisteva: però, a raccontarcela tutta, il discorso non si esaurisce a questo punto. Bellissima idea, per carità, e sempre viva chi guarda avanti: ma al netto della navetta di Torino, nel nostro Paese gli autisti sono tra le categorie maggiormente cercate dal mercato. Mancano camionisti, conducenti, mancano persino i loro istruttori, ne mancano circa 200mila che hai voglia, per il momento, a metterci la pezza col computerino e (letteralmente) il “pilota automatico”. L’orizzonte è quello, ma arrivarci significa anche stravolgere il sistema che abbiamo attualmente (sarà una sfida, e sarà una sfida che non possiamo non cogliere, lo sarà pure per i sindacati che sembrano sempre in altre faccende affaccendati). Niente di male, si vedrà. Nel 2025 (cioè nel frattempo) ci godiamo questo assaggio di avvenire, ché alla fine basta prendere il cellulare che oramai abbiamo tutti in tasca, scaricare l’app Wetaxi, pigiare sull’opzione “AuToMove” e prenotare un posto sulla navetta senza conducente di Torino che fa la spola in città ogni giorno feriale dalle 11 alle 16.30. Provare per credere.