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il Time celebra chi plasma l'intelligenza artificiale

di Paola Natalivenerdì 19 dicembre 2025
il Time celebra chi plasma l'intelligenza artificiale

2' di lettura

La scelta di TIME di nominare gli “Architects of AI” Persona dell’Anno non premia un concetto astratto, ma individui concreti: dirigenti, fondatori e scienziati che hanno trasformato l’intelligenza artificiale da promessa futuristica a infrastruttura quotidiana. È un riconoscimento che racconta più del potere che della tecnologia, come sottolinea Gianluigi Ballarani, esperto di AI e docente presso l’Università di Pavia :«Questa copertina racconta il potere più che la tecnologia stessa. Quando una rivista simbolo dell’establishment globale celebra i protagonisti dell’AI, implicitamente riconosce che oggi l’influenza non passa solo dalla politica, ma anche da chi decide come filtriamo informazioni e decisioni».

I numeri confermano quanto l’AI sia ormai parte della nostra realtà quotidiana: nel 2025 si stima che oltre il 78% delle aziende nel mondo utilizzi AI in almeno una funzione operativa, con una crescita rapida rispetto agli anni precedenti, soprattutto grazie alle applicazioni di generative AI e automazione. Oltre 378 milioni di persone usano strumenti di AI nel mondo, un pubblico che continua a espandersi anno dopo anno. In Italia, milioni di persone utilizzano piattaforme come ChatGPT, con una diffusione particolarmente significativa tra i giovani. «L’AI riflette il nostro tempo più di quanto lo trasformi», aggiunge Ballarani. «Non cambia l’umanità all’improvviso, ma rende evidenti tendenze già esistenti: rapidità, semplificazione e delega di alcune funzioni cognitive». Premiare chi costruisce l’AI significa anche parlare di responsabilità: le decisioni su come progettare, distribuire e finanziare questi sistemi non sono neutre. Quando producono benefici, qualcuno ne raccoglie i frutti; quando generano effetti collaterali, qualcuno deve risponderne. «La partita decisiva si giocherà sulla regolazione dell’attenzione», sottolinea l’esperto. «Non solo sull’automazione del lavoro, ma su cosa l’AI amplifica e normalizza nelle nostre vite». Un altro tema centrale è l’opacità del potere tecnologico: pochi nodi dominano l’accesso a dati e capacità computazionale, mentre la maggior parte degli utenti utilizza l’AI senza comprenderne i meccanismi profondi.

Nel racconto celebrativo spesso scompaiono annotatori, moderatori di dati e tutti i lavoratori che alimentano i sistemi di apprendimento automatico. «Se vogliamo governare davvero l’AI, dobbiamo guardare a tutti gli anelli della catena, non solo a chi sta in cima», conclude Ballarani. In un mondo in cui l’intelligenza artificiale permea l’ecosistema sociale, economico e culturale, la domanda fondamentale non riguarda più solo cosa l’AI può fare, ma quale società vogliamo che organizzi e come intendiamo gestire la responsabilità di chi la costruisce e la controlla.