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Il cervello capisce al volo

quanto sono grassi i cibi

Albina Perri
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Sappiamo fare il calcolo delle calorie a mente, in meno di 200 millesimi di secondo. Il nostro cervello è in grado di capire al volo che cosa è grasso e fa male e che cosa no: lo dimostra uno studio, recentemente pubblicato su Neuroimage, frutto della collaborazione del Centre Hospitalier Universitaire Vaudois (Chuv), dell'Università di Losanna, del Centre d'Imagerie Biomèdicale (Cibm) e del Nestlè Research Centre di Losanna. I ricercatori, per capire le reazioni del cervello di fronte ai cibi, hanno chiesto a un campione di adulti sani di distinguere le immagini raffiguranti alimenti da quelle raffiguranti soggetti di altra natura, mentre la loro attività cerebrale veniva misurata con un elettroencefalogramma. Senza che le persone sottoposte al test ne fossero informate, le immagini degli alimenti erano state in precedenza suddivise in 2 categorie: da una parte le raffigurazioni di alimenti ad alto contenuto di grassi e dall'altra le immagini di alimenti light.  Si è scoperto così che in meno di 200 millesimi di secondo, dopo la visualizzazione delle immagini, il cervello distingueva i cibi grassi da quelli light. I risultati dell'elettroencefalogramma, infatti, dimostrano che le regioni cerebrali tipicamente associate al processo decisionale e al senso di ricompensa rispondono più prontamente agli alimenti ad alto contenuto di grassi, piuttosto che a quelli a basso contenuto. Gli elementi percepiti come appaganti, (come l'energia e i grassi contenuti nei cibi), sono trattati rapidamente e in parallelo con le regioni del cervello coinvolte nella categorizzazione e nel processo decisionale. Le conoscenze acquisite attraverso questo studio condurranno ad una migliore comprensione del processo decisionale umano rispetto alla valutazione e alla scelta del cibo. «Per la prima volta, grazie a questo studio, è stato possibile indagare questi processi sull'uomo e comprendere quando e in quali regioni del cervello si prendono le decisioni legate al cibo», sostiene Micah M. Murray, neuroscienziato del CHUV a capo del progetto.

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