Facci: #giovannistaiagitato
Stia tranquillo Giovanni Floris, non vogliamo metterlo in imbarazzo con un'appassionata difesa sua e di Ballarò: che resta il carrozzone di sempre, un salotto corresponsabile della crisi dei talkshow intesi come Paese irreale, ciacola autoreferenziale tra amici o finti nemici. Però è davvero impossibile non difenderlo dall'attacco di alcuni renziani, gente per niente giovane - nel metodo - che si è scandalizzata perché martedì scorso il conduttore non è apparso sdraiato non tanto sul Pd ma, come da tradizione a Raitre, sul suo segretario. Floris ha semplicemente dato spazio anche a delle voci critiche (pazzesco) e, circa l'abolizione del Senato, ha utilizzato un'allegoria con Barabba per ricordare che «si può sbagliare anche se lo vuole il popolo». Oltretutto questa cosa l'ha detta a Nunzia De Girolamo, non a un renziano. Ma questo non è bastato per esempio a Michele Anzaldi (vigilanza Rai) che del resto concepisce l'informazione come può farlo uno che nella vita ha fatto essenzialmente il portavoce di Rutelli: in un'intervista al Fatto Quotidiano ha detto che un conduttore non deve esprimere opinioni su proposte del governo, ha lanciato messaggi decisamente sgradevoli («la gente chiede il sangue... poi con quello che guadagna Floris») e ha tradotto la par condicio nella semplice regola che un presidente del Consiglio non si può criticare, punto. Però ha aggiunto che Renzi, in Rai, non ha ancora mandato via nessuno. Dopo aver letto Anzaldi, ci si potrebbe pensare. di Filippo Facci