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Gianfranco Rotondi intervistato da Perna: "Berlusconi è l'unico erede della Dc, non è di destra e durerà altri 30 anni"

Giulio Bucchi
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Pur essendo impossibile litigarci, Gianfranco Rotondi, uomo di soffice scuola democristiana, ha recentemente suscitato un pandemonio. In marzo, il Cav era giù di corda per i suoi guai e apatico nella guida della neonata Fi. Per uscire dal mortorio, Rotondi, già ministro del Berlusconi IV, ebbe l'idea futurista di proporsi come guida virtuale del centrodestra. Matteo Renzi era da poco a Palazzo Chigi e, per fargli il controcanto, Gianfranco creò un governo ombra. Ci inserì diversi esponenti di Fi, scegliendo tra quelli che, come lui, volevano reagire allo stallo. C'era, per dire, Daniela Santanché, una donna che si nutre di carboni ardenti. L'iniziativa era una boccata d'aria fresca ma buona parte del partito la prese male. Nella cerchia stretta del Cav, si gridò alla congiura. Rotondi, che come ho accennato è il tipo più irenico che ci sia, fu accusato di volere fare le scarpe al capo, creare una corrente antipartito e altre cose che non c'entrano nulla con la sua paciosità. «Immagino che avrai mandato tutto all'aria e che stia cercando di ricucire con il Berlusca», gli dico mentre siedo nel suo ufficiolo di deputato in uno dei palazzi annessi a Montecitorio. «Sei fuori strada», replica Gianfranco con inediti occhiali da divo di talk show a montatura pesante. «Il governo ombra vive e lotta con noi. Ho solo cambiato i politici con gente della società civile. L'unico uomo di partito ora sono io. Quando, sabato, i lettori leggeranno questa intervista saremo riuniti a Saint Vincent per analizzare i pro e i contro del programma di Renzi». «E il Cav come l'ha presa?», mi informo. «Domenica, ultimo giorno dei nostri lavori, alle 11 il presidente apparirà in videoconferenza e farà a ministri e sottosegretari un discorso», racconta Gianfranco come la cosa più naturale del mondo. Quindi tutto finito, sfuriate, pressioni, malignità? «Ti dirò di più. Al governo, affiancheremo un Parlamento ombra, formato da mille elettori del centrodestra, che controllerà il Parlamento vero, segnalandone le magagne via internet». «Mi sembra una grillinata», dico secco a Rotondi che mi guarda placido. È uno che non lo smuove nessuno. Aggiungo: «Penso ti stia gingillando per non avvilirti in un partito monarchico. Sfoghi energie per non pensare che tu, come gli altri, contate niente». «Cerco di dare alla politica nuovi contenuti, popolari e liberali, utilizzando le attuali tecnologie», replica Gianfranco con sobrietà. Cala un breve silenzio imbronciato nella stanzetta che sulle pareti disadorne ha solo un crocifisso. Il primo a riaprire bocca sono io: «Il Cav è stato tuo testimone di nozze. Speravo - inutilmente, se ho ben capito - in un po' di ruggine tra voi perché l'affetto non ti facesse velo in ciò che dirai». «L'affetto è innegabile. Ma separo l'affetto dalle opinioni. Io ho le mie, ferme e autonome. Ammetto però, che se litigassi con Berlusconi, mi sarebbe difficile tornare a casa. Da mia moglie e le mie tre figlie, lui è considerato uno di famiglia», sorride Rotondi e si assesta sulla sedia, pronto all'intervista. La rinascita di Fi doveva riportare allo spirito del '94. «Quello è scomparso perché Berlusconi un po' è stato messo fuori gioco e un po' era avvilito. Ha fatto un anno di sciopero bianco come leader. Ora, per fortuna, ridà segni di vitalità». Si è fatto suscettibile: qualsiasi obiezione è presa per attacco personale. «Per queste cose si è sempre arrabbiato, ma poi gli passa. Non ha la memoria d'elefante dei vecchi politici. È così di carattere». Recentemente, ha tolto la parola a Raffaele Fitto, accusandolo di democristianità. «Il dramma è che né Berlusconi, né Fitto sono molto dc: a entrambi manca la rotondità scudocrociata». Fitto ha replicato: «Siamo un partito leninista». «Non capisco perché fanno tanto casino. Fitto resta al suo posto e anche Berlusconi lo vuole in squadra». Divide l'appoggio a Renzi. Per alcuni responsabile, per altri suicida. «Sull'appoggio sono d'accordo con Silvio. Se Renzi ha il 40 per cento, inutile dargli addosso. Lasciamolo bollire nel suo brodo di promesse improbabili. Tireremo poi le somme». Date le difficoltà, meglio che destra e sinistra governino insieme, abbandonando l'alternanza? «Noi non siamo la destra. Io sono dc e lo sono i tre quarti dei nostri elettori. Berlusconi ha guidato il centrodestra ma non ha un passato di destra. Per la sua storia, può teoricamente fare accordi con la sinistra. Come fece la Dc di cui Silvio, piaccia o no, è l'erede». La collaborazione con Renzi rende impercepibile il berlusconismo. «È un'altra fase del berlusconismo. La Dc dopo il centrismo fece governi con Pietro Nenni. E durò altri trent'anni. Silvio avrà la stessa longevità». Un anno fa avevate il 24 per cento dei voti. Oggi siete dati al 13. «Anche la Dc perdeva voti quando apriva a sinistra ma alle politiche si suonava la musica di guerra e i voti tornavano. Sarà così anche quando Silvio avrà di nuovo la piena agibilità». Il Cav dovrebbe farsi da parte? «Un politico vero sta in campo finché vive e lui si programma, notoriamente, a 120 anni». Passa di pupillo in pupillo. L'ultimo è Giovanni Toti. «Non penso che Toti aspiri a succedergli. È un tipo sveglio e conosce i programmi di lunga durata di Silvio. Rischierebbe di incanutire». Cos'è il cerchio magico attorno al Cav? «L'ultima geniale invenzione di Silvio per scaricare su altri la colpa delle telefonate che non vuole ricevere. Anch'io gli parlo e non gli parlo, come tutti nell'ultimo anno. Mi ero offeso, poi ho capito che era solo avvilito». Con il Cav unico protagonista di Fi, finite per essere tutti dei penosi parassiti che vivono a scrocco. «Vero e falso insieme. Dove andiamo noi senza Silvio? Da nessuna parte. Ma lui senza di noi? Anche lui da nessuna parte. La prova è che a ogni scissione abbiamo perso consensi. La sola strada è la concordia e l'unità». Siamo inguaiati. C'è l'immigrazione incontrollata. «Il caos odierno è un riconoscimento postumo alla buona politica di contenimento che fece il governo Berlusconi. Compresi i compromessi necessari, ma tanto sbeffeggiati, che facemmo col colonnello Gheddafi». Renzi ci farà uscire dalle secche della crisi economica o il peggio deve venire? «Renzi deve dire all'Ue che o diventiamo una Nazione europea condividendo, oltre agli attivi, i debiti nazionali, o sarà inevitabile tornare a battere moneta propria». La nostra classe politica è all'altezza? «Gli uomini ci sono ma diventano fragili per l'eccesso di comunicazione che trasforma la politica in spettacolo. La politica è studio e decisione. Però, se si è sempre sotto i riflettori, twitter, ecc. si perde lena nelle scelte impopolari». Spiegati. «Ammettiamo che Renzi invece di pagare la penale a fondo perduto per la rinuncia al Ponte di Messina decidesse, com'è auspicabile, di costruirlo. Facendolo, sarà però sommerso di polemiche mediatiche e finirebbe per scoraggiarsi». Siete di pastafrolla. Pensi che Helmut Kohl avrebbe rinunciato all'unificazione tedesca impaurito dalle critiche che gli piovevano da mezzo mondo? «Kohl! Grande amico della Dc d'antan e ultimo grande democristiano vivente. Nell'Ue avremmo bisogno di lui. Era dell'idea che non bisognasse mortificare i Paesi più deboli. Oggi accusa la Merkel di non avere capito nulla della solidarietà europea». Il Cav ha escluso alleanze con Ncd di Alfano. «Ragionevole. Non ha senso allearsi con un pezzo di Fi che se n'è andato. Ha più senso una riunificazione che un accordo. Dovremmo dialogare per rappacificarci». M5S è il nostro domani? «Visti da vicino sono diligenti e vogliosi di imparare. La cosa strana è che, a noi degli altri partiti, ci danno del lei. Dilemma: perché ci vedono vecchi o perché gli facciamo ribrezzo?». La politica che sognavi a trent'anni è quella che vedi ora che ne hai cinquantacinque? «Cinquantaquattro! Siamo precisi. Il tempo corre per conto suo. Non c'è bisogno di spingerlo. Comunque, sto con Andreotti». Tu, e i tuoi democristiani. Che diceva Giulio? «La sola nostalgia è quella del futuro. Il problema è trovare buoni politici, non rimpiangere quelli del passato». di Giancarlo Perna

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