Greenpeace: "Nel 2015 persi 4mila posti di lavoro nel settore eolico"
Rinnovabili
Roma, 24 mar. - (AdnKronos) - "Un governo ostile alle fonti rinnovabili" che nel 2015 ha fatto perdere circa 4 mila posti di lavoro nel solo settore dell'eolico. È il quadro che emerge dal rapporto “Rinnovabili nel mirino” pubblicato da Greenpeace sui provvedimenti attuati dal governo Renzi a sfavore del fotovoltaico e dell'eolico, che hanno già portato a una fuga di investimenti, alla perdita di migliaia di posti di lavoro e a nessun beneficio sulle bollette degli italiani. Secondo i dati riportati nel rapporto di Greenpeace, per esempio, nel 2012 erano entrati in esercizio quasi 150 mila nuovi impianti fotovoltaici, mentre nel 2014, anno di insediamento del governo Renzi, i nuovi impianti entrati in esercizio sono stati appena 722. Purtroppo non va meglio con i posti di lavoro: secondo uno studio redatto da Althesys per Greenpeace, in Italia entro il 2030 si potrebbero garantire oltre 100 mila posti di lavoro nel settore delle rinnovabili mentre, al contrario, nel 2015 se ne sono persi circa 4 mila nel solo settore dell'eolico. "L'Italia non attira investimenti in rinnovabili, e il motivo non è la mancanza di sole, vento o altre fonti pulite di energia, ma la strategia di difesa delle fossili dettata dal nostro governo", dichiara Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace. Secondo Iacoboni, infatti, "Renzi è riuscito a ostacolare le energie rinnovabili su tutti i fronti: cambiando in corsa accordi già sottoscritti con lo 'Spalma incentivi', modificando la tariffa elettrica per frenare il risparmio energetico e finendo per causare un aumento delle nostre bollette, bloccando i piccoli impianti domestici, specialmente quelli fotovoltaici". Inoltre, il rapporto di Greenpeace cita il Fondo Monetario Internazionale, secondo cui nel 2014 l'Italia si è piazzata al nono posto in Europa per finanziamenti a combustibili fossili, con 13,2 miliardi di dollari, dato in crescita rispetto ai 12,8 miliardi del 2013. "Il premier Renzi e i suoi ministri hanno fatto tanti bei discorsi al vertice sul clima di Parigi, ma la realtà è che oggi il suo governo ha deciso di mettere il freno a mano sulle rinnovabili. Una posizione di retroguardia che rischia di bloccare il futuro per difendere il passato". Per questo, conclude Iacoboni, "il referendum sulle trivellazioni del prossimo 17 aprile assume un significato politico che va ben oltre il quesito referendario e spaventa il governo al punto da cercare in ogni modo di boicottare il quorum. Se i cittadini si esprimeranno contro le trivellazioni, sarà una sonora bocciatura per tutta la politica energetica del governo Renzi, che come i suoi predecessori di questi ultimi anni, mette gli interessi dell'industria fossile sopra a quelli dei cittadini".