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Silvio Berlusconi, la cena con Nunzia De Girolamo e Francesco Boccia: salta il Patto del Nazareno

Andrea Tempestini
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La fonte è autorevole, ma è di parte. Non gioisce nel profondo del suo cuore per la morte del patto del Nazareno e sostiene che nel fatto che ha scatenato la rottura dell'accordo- la scelta del candidato per il Quirinale, Matteo Renzi non aveva tutti i torti. Con questa premessa ecco la versione inedita di quel che sarebbe accaduto portando alla clamorosa rottura. L'antefatto sarebbe avvenuto a palazzo Grazioli, dove Silvio Berlusconi ha invitato a pranzo a metà gennaio Nunzia De Girolamo (Ncd) e il suo consorte, Francesco Boccia (Pd). Un incontro conviviale all'interno di un rapporto di amicizia mai interrotto, forse anche tappa importante sulla strada di un riavvicinamento politico. Inevitabile che a quella data a tavola il discorso cadesse sul Quirinale. Berlusconi ha subito spiegato di avere un accordo piuttosto avanzato con Renzi e con Angelino Alfano sulla candidatura di Giuliano Amato. Ma ha aggiunto di avere timori sulla tenuta del Pd, visto che si favoleggiava su eserciti di franchi tiratori. Lui avrebbe voluto avere rassicurazioni, e in fondo Boccia era lì anche per sondare la vera pancia del partito. Il marito di Nunzia si è offerto di farsi mediatore per un contatto con Massimo D'Alema, probabilmente il leader ombra della minoranza Pd. Boccia l'ha chiamato e ha passato il telefono a Berlusconi. D'Alema ha esordito frizzante: “Silvio, dopo tanti anni, non è il caso di darsi del tu?”. Il colloquio non è stato manco lungo. Ed è finito nel migliore dei modi. “Nessuno scherzo, tranquillo. A noi Amato va benissimo, è il candidato ideale”. Alla telefonata hanno assistito  non pochi astanti, e soprattutto qualcuno di loro non è riuscito a tenersi il classico cecio in bocca. Fatto sta che la voce si è diffusa ed è arrivata allo stesso Renzi. Che attraverso canali terzi ha cercato di verificare l'episodio. Ricevendo rassicurazioni: “Ma no, è falso. Del tutto inventato”. Si è arrivati così al famoso incontro decisivo a palazzo Chigi. Quando Berlusconi è arrivato, Renzi è andato subito all'attacco: “Tu hai cercato un patto su Amato con la minoranza del mio partito. E l'hai fatto con D'Alema”. Imbarazzato il leader di Forza Italia ha provato a negare: “Ma no… D'Alema lo avrò sentito solo al telefono una volta nelle ultime settimane”. Per Renzi è stata una ammissione vera e propria. Ed è andato all'attacco: “E' stato un gesto scorretto. La minoranza del mio partito è un problema mio, non tuo. Bene, adesso Amato via dal tavolo, non esiste più”. Ed è così che è arrivata la proposta di Sergio Mattarella con la formula “prende o lasciare”, sia pure edulcorata dall'eloquio renziano: “Siccome la minoranza del Pd è affare mio, ho risolto io il problema. E ti propongo Mattarella, che va bene a tutto il Pd, e che non umilia te, perché non è mai stato un tuo avversario diretto e so che hai manifestato pure un gradimento sulla persona quando il suo nome ti è arrivato un una rosa di candidabili”. Così sarebbe andata. E seguendo il filo di questa versione, si comprenderebbe meglio quel breve colloquio avvenuto fra Renzi e Berlusconi durante il ricevimento di Mattarella al Quirinale. Con Silvio che dice a Matteo: “Sei stato birichino…”, e l'altro che gli risponde: “Più birichino tu…”. Continua a leggere su L'imbeccata di Franco Bechis

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