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Animali in via d'estinzione nel piatto: arriva un documentario da Oscar

Giovanni Ruggiero
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Hanno girato un film. Anzi no, un documentario. Trattasi di roba grossa, da premio Oscar. Per carità, non sappiamo se il regista Louie Psihoyos porterà a casa la statuetta, ma sappiamo che ne ha già vinta una, nel 2009, con The Cove, micidiale denuncia tradotta in immagini. All' epoca si parlava di delfini, del loro essere «razza in via d' estinzione»: niente buonismo alla Flipper, niente lieto fine, solo la verità nuda e cruda e cioè che l' uomo è abbastanza stronzo e i delfini se li mangia a colazione, pranzo e cena nonostante siano «specie protetta». In sei anni «quel» documentario ha vinto 70 premi in giro per il mondo (Oscar compreso, appunto) e ha fatto sì che la tratta illegale si riducesse del 75%: da 23000 a 6000 unità. Oggi Psihoyos (già celebratissimo fotografo, già direttore della Oceanic Preservation Society, da 20 anni a National Geographic) ci riprova e lo fa in grande stile, partendo da New York. Signore e signori un po' d' attenzione prego: va ora in onda Racing Extinction, ovvero il documentario che promette di cambiare la storia dei documentari anche solo perché non ti fa vedere lo squalo, l' uccellino o la tigre e ti dice «va che belli, poverini», ma perché te li mostra morti ammazzati, spesso su un piatto con contorno di purè. Mercato illegale - E costruisce una storia che davvero non ti aspetti: telecamere nascoste, mercati illegali qua e là in giro per il mondo, ristoranti che sul menù hanno il branzino ma se strizzi l' occhio ti servono carissimi tocchi di balena, la realtà di un mondo (quello animale) che è a un passo dall' andare a puttane perché - nell' indifferenza generale - vive la sesta «estinzione» della storia del pianeta. Sapete quale fu la quinta? Quella che portò alla scomparsa dei dinosauri per colpa di un asteroide «senza navigatore». Sapete «chi è» l' asteroide oggi? Siamo noi, io e te che ce ne sbattiamo abbastanza se l' uccellino Kauai O' o delle Hawaii è scomparso perché un bel giorno non ha più trovato la sua lei con cui fare «zumba», e lasciamo correre perché in fondo sono cose più grandi di noi e da soli mica possiamo salvare il pianeta. Psihoyos e il produttore (e attore) Fisher Stevens non sono affatto d' accordo, ci spiegano che basterebbe anche solo mangiare un uovo in meno a settimana «per fare la differenza» (#startwith1thing), ci spiegano a parole e per immagini che con la loro opera tenteranno un' impresa disperata: salvare il mondo animale da un processo già avviato che porterà alla scomparsa del 50% delle specie entro un secolo, cambiare il modo di pensare dell' uomo che al momento se ne fotte. Lo fanno con questo «film» che sembra tanto la versione animalesca di 007 («Solo che in questo caso è tutto vero», spiega il regista) e per riuscirci non lasciano nulla di intentato. Il 2 dicembre tutto il mondo avrà la possibilità di «vedere» e «pensare»: si parte dalla Nuova Zelanda, là dove inizia il giorno, si finisce negli Stati Uniti, là dove si inquina di più (insieme alla Cina). In mezzo altri 220 Paesi tra cui l' Italia: Racing Extinction andrà in onda sui canali Discovery Channel di tutto il globo (ore 21 canale 401 e 402 del bouquet Sky) e ambisce a raggiungere la cifra monstre di un miliardo di spettatori nel mondo in 24 ore. La data è scelta a caso? Neanche per idea: ce lo spiegano regista e produttore, determinati più che mai. «Il 2 dicembre sarà già iniziato l' lnternational Climate Summit a Parigi», spiega Psihoyos. «Dobbiamo sensibilizzare i politici perché capiscano che siamo al punto di non ritorno». Addio elefanti - Lo guardi e pensi: ma non starà esagerando? Lui ti legge nel pensiero e snocciola: «Tra dieci anni scompariranno tutti gli elefanti che vivono allo stato naturale; una specie di rinoceronti ci ha lasciato l' anno scorso; 150 specie di tartarughe hanno fatto la stessa fine; metà delle specie di rane e salamandre non ci sono più, così come le farfalle e molti felini». Poi «diversifica»: «Le emissioni di Co2 sono l' altro grande problema, non chiediamo alla gente di rinunciare a guidare la macchina, chiediamo di fare un primo passo: mangiare la carne una volta in meno a settimana, pensare ai pannelli solari per le proprie case. Le energie rinnovabili non costano più come vent' anni fa e comunque nulla è più caro dell' anidride carbonica, con la differenza che i costi dovuti alla mancata voglia di cambiare ricadranno sui nostri figli». Insieme con Stevens ci spiega che il film è costato 5 milioni («o almeno ci piace pensare che sia così...»); che in gran parte è stato finanziato da «filantropi» («il 75% da un tedesco che ci ha detto "tenete i soldi e fate il vostro lavoro, non voglio niente in cambio", una gran persona»); che per realizzarlo hanno rischiato la pelle («mentre cercavamo di stanare un trafficante in Cina», dice il «solito» Psihoyos, « mi è uscito il microfono dalla camicia, per fortuna il "venditore" non se n' è accorto»); che hanno sempre vissuto «un passo oltre la legalità». One direction - E poi aggiunge che gli One Direction sono dei fighi perché a un concerto hanno chiesto ai fan di boicottare Sea World («basta spettacoli con le orche, basta! Comunque Sea World è ufficialmente morto...»); che un insospettabile si è appassionato al loro lavoro e di nome fa Francesco ma il cognome non ce l' ha («siamo in contatto con l' entourage del Papa», spiega il solito Psihoyos, «sono stato due volte a Roma nell' ultimo mese e abbiamo iniziato a lavorare a un progetto comune del quale però non posso dirvi niente. Anzi, ho già detto troppo...»). Il resto sono storie di barriere coralline devastate qua e là nel mondo, di telecamere di ultima generazione che permettono di vedere a occhio nudo le emissioni di Co2, soprattutto di «malati» come lo scrivente che «stanano» Fisher (già George Minkowski in Lost) e poco prima che se ne vada ci provano: «Mi dici cosa significa il finale di Lost? Ti prego...». Fisher ti guarda, sorride e se ne va. E capisci che probabilmente è più semplice salvare gli animali dal mondo «cattivo» che dare una risposta ai «vedovi» della serie più visionaria di sempre. Fabrizio Biasin

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