Rai, Mario Orfeo peggio di Campo dall'Orto: cosa rischia, ora, il dg del disastro
Forse, a questo punto, - Zeus ci fulmini - era meglio Campo Dall' Orto. Forse. Mario Orfeo, ottimo giornalista, persona perbene, concavo e convesso verso qualsiasi superficie di potere, è il direttore generale della Rai. Da meno di sei mesi sta barcollando tra i corridoi di viale Mazzini alla dolorosa ricerca di un punto d' appoggio. Tutti gli dei della tv, in questo momento, gli sono contro. Molte nubi s' addensano nel cielo di Orfeo. Gli ascolti di Fazio che oscillano pericolosamente (quelli del lunedì sera crollano del tutto) al punto da doversi nascondere, per due domeniche consecutive, dietro la Formula Uno. Lo svuotamento informativo e d' ascolti di Raitre che, comunque, con alcuni programmi, raggiunge la share di Raiuno, vedi il Kilimangiaro. Il crollo verticale di Domenica in per la prima volta sotto il 10% con la concorrente Barbara D' Urso trasfigurata dalla goduria di continue vittorie dalla facilità irrisoria. Floris che torna a battere la Berlinguer (4,8% contro 3,7%). L' esordio-flop (9%) di Mika nel programma - bello e costoso - d' intrattenimento di punta di Raidue. L' abbandono prima di Massimo Giletti e, dopo, di Milena Gabanelli, pezzi pregiati di un servizio pubblico che ora faranno altri. Per non dire dei sotterfugi romanzeschi messi in atto dalla Rai per aggirare la legge sul tetto agli stipendi, o gli erroretti di programmazione, o le inchieste di Corte dei Conti e Anac, o lo spropositato potere degli agenti che continua a punteggiare i palinsesti (pare, secondo Dagospia, che il Talleyrand Beppe Caschetto, davvero bravo, abbia blindato le Parodi in un contratto di ferro). Tutto questa temperie fatta di sfighe e di gestione poco oculata del mezzo, si sta abbattendo sul capoccione di Orfeo. E, mentre il contratto di servizio latita e non si capisce perchè la Rai debba avere ancora dodici mesi di tempo per presentare il piano industriale, i conti dell' azienda cominciano a scricchiolare. E pubblicitariamente gli inserzionisti iniziano a lamentarsi. Inoltre c' è, sullo sfondo, anche la faccenda trascuratissima, del nuovo canale che «racconterà il nostro paese agli stranieri, 24 ore al giorno e interamente in lingua inglese»; e qui, qualcuno comincia a pensare che senso abbiano un' altra struttura, altri dipendenti, altri soldi pubblici per internazionalizzare, proprio mentre la Bbc smantella le emissioni per l' estero. Ma, sic transeat. Ora, è vero che non tutte le colpe sono di Orfeo ma di ciò che ha ereditato. Però l' uomo ha dimostrato d' essere eccezionale nella caccia alle notizie e nel confezionare scalette di tiggì da ascolti record con punte del 26-27% e 6/7 milioni di spettatori nelle edizioni pregiate del suo Tg1. Ma la visione d' insieme e manageriale della complicata macchina di viale Mazzini prevede tempo, esperienza e, soprattutto, mente libero. La tv non vuole pensieri, parafrasando un vecchio proverbio napoletano. E Orfeo di pensieri ora ne ha parecchi. C' è l' onorevole Anzaldi renziano di ferro della Commissione Vigilanza che gli sta sul collo; Cairo che -sul servizio pubblico- gli sta di dietro; i grillini che gli stanno di lato. Forse, paradossalmente, le tv di Berlusconi sono quelle che lo preoccupano meno. Tra sei mesi il cda è in scadenza, dg compreso. Però, di mezzo, occhio, ci sono le elezioni; e Orfeo possiede uno spiccato senso della politica. La sua conferma dipenderà dal tipo di coalizione che s' arrampicherà a Palazzo Chigi... di Francesco Specchia