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Vanessa Incontrada, il capitano Maria contro i "bastardi islamici"

Cristina Agostini
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Fai presto a capire perché Il capitano Maria, la fiction su Rai Uno con protagonista Vanessa Incontrada nelle vesti di carabiniere e ambientata in Puglia, abbia fatto ieri, nella prima puntata, il boom di ascolti: più di sette milioni di spettatori con il 28,5% di share e concorrenza stracciata con Star Wars su Canale 5 fermo all' 8%. Numeri degni del Commissario Montalbano. Clicca qui per vedere il primo episodio La forza sta non solo nei luoghi stupendi dove la serie è girata e nel fascino del personaggio principale, Puglia e Incontrada entrambi inni alla bellezza mediterranea; ma anche nel coraggio della trama, nell' azzardo di trattare per la prima volta in una fiction generalista il tema del terrorismo islamico. E di farlo senza troppe reticenze o infingimenti. Certo, gli attentatori non vengono mai definiti «musulmani» né c' è un esplicito richiamo al Corano o quanto meno all' Isis. FONDAMENTALISTI - Ma è un fatto, evidente pure allo spettatore più disattento, che chi è incaricato di schiacciare il tasto del detonatore sia ogni volta un arabo o un maghrebino e che le sue gesta siano mosse, come rileva un altro personaggio, dal «fondamentalismo religioso». E non solo: nei confronti di questi fanatici islamici si concentra il disprezzo degli altri personaggi, a cominciare da un carabiniere, che non esita a definire l' attentatore un «bastardo» per finire con una studentessa che bolla quanti hanno messo una bomba nella scuola dei «bastardi». Ebbene, siamo all' uso della stessa terminologia inaugurata tempo fa da Libero, che tanto scandalo suscitò ai tempi e addirittura causò l' avvio di un procedimento giudiziario, e che ora invece è diventata patrimonio comune, venendo sdoganata nel mezzo e attraverso la forma di comunicazione più popolare: una fiction tv su una rete del servizio pubblico. I tempi cambiano, per fortuna... Non è un caso, d' altronde, che gli unici personaggi che vengono fatti fuori nella prima puntata siano appunto i due fondamentalisti arabi, seccati da colpi di pistola, prima che possano commettere una strage, quasi ad ammonirli che quella è la sorte che si meritano, se intendono progettare un attentato. E non è un caso che la fiction si concentri anche sul volto più spietato e odioso del terrorismo: l' uso di bambini kamikaze, come il piccolo Tariq, inconsapevoli soldati al servizio dei fanatici, volti dell' Innocenza dietro cui si nasconde la Violenza. ASSE DEL MALE - Un grido di civiltà contro il nemico che vorrebbe sottometterci, dunque, cui si somma l' analisi di un pericolo interno, quello rappresentato dalla criminalità organizzata locale, dai boss che governano e corrompono il Meridione. Magari è un modo per non convogliare l' ira e l' odio degli spettatori sugli unici colpevoli, gli attentatori musulmani, ma a collaborare con loro, anzi a teleguidarli ci sono alcuni padrini della malavita autoctona, a cominciare da don Vito Patriarca, mafioso al 41 bis. Ebbene, in quest' asse del Male costituito da mafia e terrorismo, si intravede anche un tentativo di fare mea culpa, di ravvisare e condannare la nostra capacità endogena di spargere sangue costruendo forme di para-Stato non meno pericolose rispetto all' integralismo religioso; e di cogliere così i mali del Sud, quel suo morbo cronico causato dall' egemonia di clan criminali che potremmo considerare la versione de noantri del terrorismo: il «terronismo», degenerazione patologica dell' essere terroni... di Gianluca Veneziani

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