Che tempo che fa, un errore politico chiudere lo show di Fabio Fazio? Ecco cosa si rischia
Come diceva Talleyrand è peggio di un crimine: è un errore politico. C'è qualcosa di spiazzante, c'è evidentemente l' irrequietezza d' un'ancora incerta geografia del potere in Rai nella decisione di tagliare tre puntate del lunedì al programma di Fabio Fazio, Che fuori tempo che fa. Premessa doverosa. Siamo tra quelli che non hanno mai risparmiato critiche sia al suddetto programma che spesso riteniamo un' inutile propaggine di Che tempo che fa, sia alla gestione dell' intera operazione "Fazio su Raiuno", 72 milioni di euro in 4 anni (di cui 2,2 al conduttore) spesi aggirando con raro senso dell' acrobazia il famoso "tetto" agli stipendi pubblici. Così come non abbiamo risparmiato elogi ad alcune performance di puro servizio pubblico del facoltoso conducator, la cocciutaggine per il caso Regeni su tutte. Proprio per questo, in modo laico, riteniamo che la decisione della direttrice di Raiuno Teresa De Santis e del numero uno dei palinsesti, Marcello Cianname sia un' idiozia strategica. Colpire Fazio a seguito della vivida protesta elettorale di Salvini («Mi dà fastidio che ci sia qualcuno pagato dagli italiani, tra i 3 e i 4 milioni di euro, che faccia una trasmissione politica») è una decisione di pancia con temibili conseguenze. La prima è il gesto passi come l' impuntatura puerile di due dirigenti in eccesso di zelo: sospendere Fazio accampando «la pausa per le elezioni europee» è chiaramente una scusa, visto che si sovrappone a una sola delle tre puntate ancora previste. E il fatto che l' attento amministratore delegato Fabrizio Salini si sia irritato per l' iniziativa e ne abbia richiesto formali chiarimenti testimonia che Salini stesso non ne sapesse nulla. E il fatto che Salini non ne sapesse nulla attesta che qui si sia saltata la scala gerarchica delle grandi decisioni Rai; saltata nel dubbio, neanche troppo velato, di una captatio benevolentiae verso Salvini, il quale se n' è, giustamente, subito lavato le mani. E, be', tutto questo insuffla nel cittadino medio la conferma che, nonostante lo strombazzatissimo vento del "cambiamento" a viale Mazzini domini più che mai la politica. Non che ne avessimo mai dubitato. Ma - diomio - una decisione così tempestiva contro un singolo non la si vedeva dai tempi della lottizzazione ferrea e spudorata di Berlusconi e di Fini. Ed era tanta roba, vi assicuro. Per approfondire leggi anche: Rai nel caos, salta la conferenza stampa dei palinsesti Opportunità politica - Ora, poniamo - com' è - che in Rai, a di là del merito, continuino ad essere lottizzate anche le macchinette del caffè, e che si debba ragionare per opportunità politica. Un concetto eticamente sbagliato, ma con una sua logica. Bene, in tal caso le domande sorgono spontanee. Se, come pontifica il consigliere di amministrazione Rai Igor De Biasio, Fazio è un vulnus alla democrazia e «deve tagliarsi lo stipendio e traslocare su un' altra rete», perché si è atteso finora per farlo? Occorreva aspettare le elezioni, fargli fare il 13% di share e abituare gli italiani alla sua presenza al lunedì, per renderlo un martire? Alto stipendio - Invece di contestargli tecnicamente gli obbiettivi del 13% e 15% di share (andarsi a rivedere i target Rai Pubblicità del 2017, please), bisognava proprio incazzarsi per le campagne di Fazio a favore dell' accoglienza o per le interviste a Macron e/o a Junker (tra l' altro degne di invidia per ogni cronista, anche se Fabio che intervista Orban, quello sì sarebbe stato contro natura)? Serviva, giusto ora, sfoderare in ritardo la carta dell' alto stipendio e dell' etica pubblica per appiccargli fuoco? Tra l' altro, ben sapendo che lo stipendio di Fazio non può essere diminuito se non in forza di un accordo tra le parti; e Fazio è ligure, una volta strappato un contratto di 450mila euro a puntata a quel contratto ci rimane incollato col Bostik, cosa che peraltro farei anch' io. No. Se si voleva bisognava agire a monte, ma non faceva comodo a nessuno. Tagliare adesso tre puntate a Fazio non porta a nulla, se non alla figura cacina presso gli elettori pagatori di canone pubblico. I quali sono confusi, ma nient' affatto stupidi. Penseranno che si straparli di un presentatore televisivo per nascondere i veri problemi del Paese, salario minimo, flat tax, una legge di bilancio da 40 e passa miliardi, le solite robette di una certa amenità. Più che un delitto, un errore... di Francesco Specchia