Cerca
Logo
Cerca
+

Vittorio Feltri, Adriano Celentano prima di Adrian: "Cos'è successo dietro le quinte, panico e imbarazzo"

Giulio Bucchi
  • a
  • a
  • a

Quello che si è visto sul teleschermo è il meno. La parte più spettacolare - e divertente, se presa per il verso giusto - si è svolta dietro le quinte. Peccato. Perché l' utente, se avesse assistito al retroshow, una volta tanto non avrebbe rimpianto i soldi del canone. I giornali hanno già riferito alcuni episodi esilaranti, ma altri, sotto l' incalzare degli eventi, sono stati trascurati. E noi desideriamo ripescarli per risarcire i lettori di quanto sono stati privati sabato come spettatori. Le cose turche - giurano gli addetti ai lavori - erano cominciate una settimana prima, cioè l' indomani della disastrosa puntata d' esordio. Ma noi, purtroppo, siamo giunti a Roma il giorno della seconda e dobbiamo limitare la controcronaca alle ore cruciali che hanno preceduto e seguito il presunto riscatto di Celentano. Alle 15 ci presentiamo all' appuntamento in via Montezebio 25 con il capoufficio stampa del programma; al quale avevamo chiesto di dare un' occhiata alle prove e, poi, il permesso di partecipare al gala con licenza di compiere scorribande al «Delle Vittorie», onde raccogliere umori e impressioni, come si dice, a caldo. Davanti al portone, qualche collega è già in attesa del funzionario. Eccolo, si chiama Maurizio Turrioni, è piuttosto giovane, cordiale. Lo imploriamo: «Dai, facci entrare». «Dove? » - In studio. «Non si può» - Perché? «Vi avevo avvertito che è vietato. Osserverete la cosa da qui, l' ufficio è a vostra disposizione: c' è un impianto collegato con le sale di ripresa, non perderete niente». - Non scherzare, un conto è dal vivo, un altro sul monitor. A noi serve l' atmosfera. «Adriano ha ordinato così, pretende di non essere disturbato».  Leggi anche: Il veto di Mediaset a Celentano, chi non può invitare ad "Adrian" Panico e imbarazzo - Mugugni, imprecazioni. Si accende l' apparecchio e le immagini sono nitide: il molleggiato, in maniche di camicia, la catena con croce che emerge dai peli del petto, è impegnato ad assegnare i ruoli nel cast. Sembra abituato a comandare. - Alza un po' il volume, qui non si sente un' acca - esclama un giornalista rivolgendosi a Turrioni. L' uomo-Rai armeggia, ma il televisore resta muto. Panico, imbarazzo. E rimostranze della categoria: «Che, ce state a piglia' in giro? Ce relegate dentro a 'ste quattro mura e per giunta non funziona un accidente. Dateve 'na svegliata. O famo a chi ce fa de più?». Il ponte-radio è saltato e, per venti minuti, contempliamo il ragazzo della via Gluck che si dimena senza emettere un suono. «Ammazza che pausa», commenta un reporter. E un altro: «A Turio', basta. Ce costringerai a fa' 'na marcia de protesta con irruzione al teatro, e buonanotte». La situazione rischia di precipitare. Uno sembra fare sul serio: «Consentiteci di lavorare o succede la rivoluzione». Non succede. Ma quando l' addetto stampa dichiara che non rivelerà la battuta che Celentano ha studiato per rimediare alla gaffe sui meridionali, commessa la scorsa settimana, si va molto vicino alla sommossa. «Che è 'sta storia? - grida la corporazione - Fuori la gag». «Mi hanno proibito di riferirla, stasera sarà una sorpresa». - Ma quale sorpresa; Ce lo volete di' o no che razza de frescaccia state a cova'? Gli animi non si placano nemmeno all' arrivo dei vassoi ricchi di generi di conforto per i redattori specializzati: pasticcini e tramezzini. Non si perdona alla Rai di fare la misteriosa, di giocare a nascondino e di considerare i cronisti come agenti del Kgb, cioè spie di Berlusconi. Ma i cervelli di viale Mazzini sono inflessibili: hanno creato attorno al cantante conduttore una trincea inespugnabile. «Fantastico» è il loro Piave. E lo difendono a ogni costo, anche a quello del ridicolo. Lo spirito con cui affrontano la «storica» serata è del tipo: «Ve la faremo vedere noi». E pregustano il piacere della riscossa. A dar man forte a Turrioni nella guardia al bidone, si precipita Mario Maffucci, capostruttura della Reteuno. Ha la faccia tesa, ma l' espressione mite, da boy-scout cresciutello. Vanta onorevoli trascorsi in redazione, quale esperto di drogati e loro problemi. Promosso dirigente, ha avuto vita facile finché c' era Baudo, che provvedeva a tutto, e ai funzionari concedeva solo - e di malavoglia - di firmare i fogli delle presenze. Adesso che è orfano, e gli è toccata questa gatta da pelare, Maffucci deve assolutamente dimostrare di essere all' altezza. E parla del programma come se dall' esito dipendessero i destini dell' umanità. Il suo motto potrebbe essere: vincere o morire in un bicchier d' acqua. La fronte corrugata, il manager raccoglie le energie che gli sono rimaste dopo questi sette giorni di passione e dà una notizia che dovrebbe liberarci da un incubo: «Vi assicuro che Marisa è in forma». Il suo sottoposto non trattiene un risolino di compiacimento, incoraggiando il superiore a continuare: «Un' altra cosa importante, Celentano si esibirà in "Azzurro"». I giornalisti si guardano stupiti, increduli. E azzardano: «In diretta». «No, in play-back». - Ah... «Però ha promesso che "Rock" lo eseguirà improvvisando». Meno male. Maffucci si terge la fronte e confessa: «Il momento è delicato, c' è vento di crisi. Alla sera vado a letto tardi, la mattina sono in piedi presto, dormo pochissimo. Scusate, bisogna che scappi». - Permette? Tanta fatica per così poco? La nostra domanda lo irrita: «Lei si è mai interessato di spettacolo?». - Mai. È una grave lacuna? «Certo. Sapesse che complicazioni. Con questa trasmissione stiamo sovvertendo i canoni, abbiamo voltato pagina, corriamo incontro al futuro». Il tempo passa, il nervosismo si accentua, al «Delle Vittorie» i tecnici sono esausti. Si ode una voce: «O state zitti o vi sbatto via. Tutti». È del responsabile di studio, il quale, ce l' ha con i discografici che disturbano. Cogliamo l' occasione: «Perché loro sì, li avete lasciati entrare, e noi no?». «Ragazzi, che ve devo di', abbiate pazienza». - Pazienza, un corno. Osannato - Finalmente, alle 20, si aprono le porte del teatro. La platea si riempie in un baleno, i biglietti sono andati a ruba. È uno strano pubblico: applicati ministeriali, «sciurette» in nero e con scarpine di vernice, giovanotti che masticano gomma americana. Il locale, contrariamente a quanto appare sul video, è squallido, una specie di cinema parrocchiale: moquette sudicia e bruciacchiata dai mozziconi, poltroncine stinte e polverose, afa ossessionante. Giù, sulla piattaforma, i ballerini fanno riscaldamento come i calciatori in procinto di entrare in campo: corsette e piegamenti. Manca una manciata di minuti alla partenza. Compare Celentano. «Ciao», dice. Applausi fragorosi. Tossicchia. Nuovi applausi. Sospira. Ovazioni. Si aggiusta la cravatta. Tripudio. Che cosa sta accadendo? Gran parte della gente è stata ammaestrata: l' entusiasmo si propaga per contagio, e va incrementato. Non appena i riflettori illuminano la scena, è già un' apoteosi. Figuriamoci quando il molleggiato sbuca dal sipario. Ci voltiamo, e scopriamo che il capoclaque è Maffucci.Svetta in un gruppo di scalmanati, si è tolto la giacca e batte le mani forsennatamente trascinando il popolo in un giubilo senza requie. Nell' operazione esultanza procurata non è solo, lo coadiuvano vari anonimi dell' azienda, che si è mobilitata in massa per sostenere l' imperatore Adriano nella conquista dell' audience. Esce la Laurito, si sistema la spallina, e il capostruttura della Reteuno esplode in una fragorosa risata. Marisa accenna a qualcosa («Signore e signori...») e lui si sganascia ancora. Il giochetto si ripete sino al termine, una faticata. Ma il dirigente dissimula la spossatezza con l' enfasi: «Ci sono stati istanti godibilissimi, è andata bene». La Rai è salva. E lui, che ne è il profeta, celebra la personale vittoria elargendo pacche sulle spalle a chiunque gli capiti a tiro. Sprizza gioia. Acconsente di buon grado che i giornalisti intervistino a mezzanotte suonata i protagonisti del preteso successo. Celentano attraversa il salone con incedere lento e solenne, e si abbatte sulle poltrone di prima fila. Scarmigliato, distrutto, ma soddisfatto. Ai piedi dell' eroe s' acquatta miagolando Heather Parisi. Si aggrega Marisa Laurito che accarezza una mano alla soubrette ed è generosa con il conduttore: «Adriano, ti do 9». Ed ecco Boldi, che soffia sul turibolo e distribuisce incenso a tutti. La claque domina anche la conferenza stampa: ad ogni parola degli attori, applausi e moine. L' autoglorificazione va avanti trenta minuti, fra banalità e luoghi comuni. Maffucci gongola. Forse è convinto che mezza Italia, grazie a lui, abbia avuto un sospiro di sollievo. E se fosse proprio così? Poveri noi. di Vittorio Feltri

Dai blog