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Corto Maltese prima di Corto Maltese. Scoperto il passato del marinaio di Pratt

Riecco Corto Maltese

Francesco Specchia
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Un naufrago barbuto sotto un cielo caraibico, legato ad una zattera che galleggia nell'Oceano Pacifico, per sua stessa ammissione (dell'oceano, non del naufrago) “il più grande di tutti. Mi chiamano così da tanto tempo, ma non è vero che sono sempre calmo". Così appare, per la prima volta, Corto Maltese -che diverrà il “gentiluomo di fortuna” dei romanzi a fumetti- nella storia Una ballata del mare salato, pubblicata da Linus nel 1967. Quella storia è impressa nei miei ricordi. Non sono mai riuscito ad immaginare perché Corto avesse la barba, nè cosa fosse avvenuto prima di quella tavola, nè perché il mio eroe preferito si trovasse crocefisso a quella straordinaria avventura prima che fosse raccontata. Sapevo solo che era il 1° novembre 1913, il giorno di Ognissanti, ma anche “Tarowean”, il giorno delle sorprese, a detta dei marinai delle Isole Figi. Sicché, ora, 52 anni dopo, mi ritrovo a sfogliare  Corto Maltese -Il Giorno di Tarowean (Rizzoli Lizard, pp 96, euro 20) e a ritrovare i protagonisti di quella storia leggendaria: la coraggiosa Pandora, il cocciuto Cain, il misterioso Monaco assassino di un'intera confraternita di monaci che non la pensavano come lui, il carognesco Rasputin. Questa 32esima avventura del marinaio creato da Hugo Pratt è un apocrifo firmato da Juan Diaz Canales e Ruben Pellejero, due autori spagnoli talmente invasati dal fantasma di Pratt da ricalcarne stile e stilemi dalla prima all'ultima pagina. La vicenda è semplice. Tarowean è ambientata nel 1912 e si apre in Tasmania, dove Corto Maltese e Rasputin liberano un giovane di nome Calaboose, imprigionato su un'isola abbandonata. Lo portano con sé attraverso l'Oceano Indiano fino al Borneo, dove incontrano il sultano di Sarawak, un potente inglese che regna sulla popolazione indigena dei Daiacchi, sfruttandoli per raccogliere il lattice dell'albero della gomma. Questa risorsa naturale è indispensabile per l'impero britannico e la rivolta di Daiacchi minaccia gli interessi della corona. Corto Maltese si ritrova fa mediatore fra gli indigeni e il sultano si prende cura di una giovane paralitica, Ratu “la sirena”, di cui Calaboose si innamora. Incaricato di compiere una missione, “il marinaio  e i suoi amici si imbarcheranno verso l'Isola di Escondida, dove ad attenderli troveranno un misterioso monaco”; in mezzo ci passano intrighi di regine indigene in stile Macbeth che strappano lo scettro ai mariti, tentativi di omicidi vari, donne ammalianti e riti propiziatori, Rasputin che truffa e molla in mare un intero equipaggio che prima aveva fatto ammutinare e  la guerra -sfondo necessario e già visto- come sempre alle porte. Tra le atmosfere deliziosamente cinematografiche de Gli ammutinati del Bounty e Il corsaro dell'Isola verde -roba della mia infanzia- questo nuovo Corto Maltese non induce -diciamo-  emozioni dirompenti; ma rimane un dignitoso omaggio al maestro Hugo. Un modo ammirevole per preservarne la memoria. Ed è questa la missione più importante di un fumetto d'autore: preservarne l'anima e porgerla all'attenzione delle nuove generazioni. L'altra sera, per esempio, mio figlio di 4 anni, mi ha chiesto chi fosse quel marinaio in marsina con i pantaloni a zampa d'elefante e il cigarillo sempre acceso in bocca. Quando gli ho spiegato che Corto Maltese, scoprendo, da piccolo, di non avere la linea della fortuna e che se la fece da solo col rasoio del padre marinaio di Cornovaglia; be', in quel mentre, il mio ragazzo aveva negli occhi tutta la luce magica dell'Oceano Pacifico. Ho nascosto il mio rasoio e ho tirato fuori le vecchie storie del marinaio. Ne avrà per tutta la notte, ne avrà per tutta la vita...  di Francesco Specchia    

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