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Robin Williams, 9 anni dopo la verità sul suicidio: "Non era depressione o Parkinson, ma la demenza da corpi di Lewy". Una fine terrificante

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Nessuna depressione, Parkinson o problemi economici: dietro il suicidio di Robin Williams, che l'11 agosto sconvolse Hollywood e il mondo, c'è solo un dramma clinico. A rivelarlo la moglie del grande comico, Susan Schneider, che nel documentario Robin’s Wish sulla morte del divo (che si impiccò in camera da letto a soli 63 anni) entra nei dettagli. 

A stroncare fisicamente e psicologicamente Williams fu una grave e rarissima malattia neurodegenerativa che gli era stata da poco diagnosticata dopo mesi di analisi e consulti, la demenza da corpi di Lewy, dall'impatto devastante. "Se gli fosse andata bene avrebbe avuto magari tre anni di vita e sarebbero stati tre anni duri, probabilmente sarebbe stato internato. Alla fine, non aveva nemmeno più il controllo della sua voce, era sobrio, completamente pulito, ma soffriva di ansie". Non era paranoia, era l'effetto della malattia che minava memoria, psiche e controllo delle emozioni. Una bomba a orologria scoppiata già sul set dell'ultimo film Una notte al museo - Il segreto del faraone. "Era chiaro a tutti che a Robin stava succedendo qualcosa - spiega il produttore David E. Kelly -, ricordo che un giorno mi disse 'Non so cosa mi stia succedendo, non sono più io’. Era come se avesse dentro qualcosa che lo stesse consumando",

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