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Roberto Benigni e l'Afghanistan: "Anche io sono un profugo". Gelo e imbarazzo sul palco

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"Anche il mio cuore è profugo". Roberto Benigni parla di Afghanistan e in poche battute riassume alla perfezione l'atteggiamento della sinistra buonista italiana. "Le immagini che vediamo dall'Afghanistan, della gente accalcata nel fango e poi delle mamme che gettano i bambini oltre il filo spinato, sono come veder gettare il proprio cuore, il nostro cuore è un profugo in questo mondo - spiega l'attore e regista toscano da Viareggio, dov'è stato premiato conil premio speciale Città di Viareggio -. Anche io ho il desiderio di gettare il mio cuore oltre il filo spinato, perché quelle immagini che vediamo riguardano me. Io sono loro, io sono quel bambino, loro sono tutte le facce del Cristo".

 

 

 


Un trionfo di ecumenismo che avrà mandato in visibilio i salotti italiani, dalla Milano di Beppe Sala alla Roma dei terrazzi, passando ovviamente dalla "Piccola Atene" di Capalbio (magari Monica Cirinnà, indaffarata tra bucato, cena e casa da rassettare in mancanza di colf fuggita, non sarà riuscita ad ascoltarlo). La vincitrice della sezione narrativa Edith Bruck aveva d'altronde acceso l'innesco: "Viviamo in un mondo di profughi". "Ha ragione - ha spiegato Benigni - e il mio cuore è profugo a vedere le immagini di madri che gettano i bambini oltre il filo spinato. Quelle sono tutte le facce di Cristo, non possiamo che aiutare quelle persone. Non c'è altro da fare".

 

 

 



E stavolta non si sente di dire che La vita è bella, come il suo più celebre film. "Ho raccontato la Shoah con ironia perché quella era finzione mediata dall'arte, l'arte cambia sempre il soggetto che racconta. Mentre invece oggi le immagini dall'Afghanistan sono ora tragica realtà, è fiamma che brucia, che non può essere ancora trattata con ironia".

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