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Harry Potter, dalla reunion esclusa l'autrice J.K. Rowling: "punita" per le sue posizioni anti-Lgbt?

Gianluca Veneziani
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Con una magia l’hanno fatta sparire dalla pellicola celebrativa dei 20 anni dal primo Harry Potter. J. K. Rowling, la geniale ideatrice del maghetto di Hogwarts, è stata esclusa dalla reunion che ha messo insieme i protagonisti della saga e dato vita a uno speciale-tributo, Harry Potter 20th Anniversary: Return to Hogwarts, disponibile su HBO Max (e in Italia su Sky e Now) il 1° gennaio 2022.

 

 

Le ragioni dell’epurazione della scrittrice stanno tutte nella sua libertà di opinione e nelle sue posizioni sui trans ritenute politicamente scorrette. Recentemente la Rowling ha osato intervenire su un ennesimo delirio perbenista legato all’ideologia Lgbtq, commentando un articolo del Sunday Times. Qua si leggeva che la polizia scozzese «registrerà gli stupri commessi da criminali con genitali maschili come commessi da una donna se l’aggressore “si identifica come una donna”», decisione che lo stesso quotidiano inglese definiva «assurdità».

La Rowling aggiungeva il carico da novanta, parafrasando con sarcasmo amaro un passaggio del libro 1984 di Orwell: «La Guerra è Pace. La Libertà è Schiavitù. L’Ignoranza è Forza. L’Individuo munito di pene che ti ha violentata è una donna». Come dire, al tempo delle non-verità, non conta più la realtà ma la percezione. Farlo notare e indignarsi per questo vale però la scomunica dei benpensanti e delle lobby arcobaleno. E così la Rowling sul suo profilo veniva bersagliata di critiche: «Il tuo unico scopo ora è odiare la comunità di persone trans? Non abbiamo più bisogno di ascoltare te e le tue piccole storie», «Odi i trans, ma mandi fiori a chi commette abusi» (con riferimento a un mazzo inviato dalla Rowling a Marilyn Manson), «Sembri ossessionata da questo tema. Se ti facessi i cazzi tuoi, questa discussione non sarebbe necessaria», si leggeva in alcuni commenti. Ma la risposta più pesante (e più censoria) arrivava appunto dalla HBO che, in maniera molto democratica e inclusiva, decideva di tagliare fuori la Rowling dalle riprese per l’omaggio ad Harry Potter, dandole come contentino solo l’ospitata alla serata evento. Un po’ come se, in uno spettacolo celebrativo della Divina Commedia, si evitasse di citare Dante.

 

 

Del resto, l’antipatia della comunità Lgbtq e delle lobby politically correct la Rowling se l’era guadagnata sul campo e nel tempo già con altri tweet. Un paio di anni fa si era espressa a favore di una ricercatrice, Maya Forstater, licenziata per aver detto che la transizione di genere non era possibile e che «gli uomini non possono trasformarsi in donne». La scrittrice, ancor prima che il merito, aveva difeso il diritto sacrosanto della Forstater di esprimere ciò che pensava, senza venire imbavagliata o addirittura cacciata dal lavoro. Ma niente, per quelle parole era stata marchiata a fuoco come rea di transfobia. Per nulla intenta a deporre le armi, la Rowling era tornata sul tema nel giugno 2020, notando come «il nuovo attivismo trans» «sta facendo danni nel tentativo di erodere il concetto di “donna” come classe politica e biologica». Se il sesso è fluido e il genere transeunte, era il senso, le prime a indignarsi dovrebbero essere appunto le femministe. Non paga se l’era presa anche col lessico bonificato pe perbenista che trasforma le donne in «persone con le mestruazioni», in modo da non offendere i trans. «Le chiamiamo danne, done, dumne?», aveva ironizzato lei.

 

Per queste posizioni la scrittrice si è via via guadagnata la maledizione dei Lord Voldemort del politicamente corretto. Ora non le resta che vedere modificato il suo Harry Potter in un più inclusivo Harr* Transpotter. Così almeno chiedono i babbani.

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