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Toto Cutugno, il ricordo di Baudo: "Cosa faceva in 10 minuti"

Leonardo Iannacci
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Cinicamente snobbato da una certa critica radical chic che lo considerava il più nazional-popolare dei nostri cantautori, Toto Cutugno si è sempre preso una rivincita sul piano personale nei gusti del pubblico e nella stima che ha raccolto fuori dai nostri confini. Lo confermano i 100 milioni di dischi venduti e la sua L’Italiano (scritta in un ristorante italiano di Toronto), divenuta quasi un secondo inno in cinque continenti. Piaccia o no, le cose stanno così anche se il buon Toto, sofferente da tempo per una forma tumorale alla prostata e ai reni, ha pensato (male) di lasciarci ieri all’età di 80 anni. Il decesso all’ospedale San Raffaele di Milano. I funerali si terranno domani a Milano.

 

 

 

L’OMAGGIO DI VETTEL

La sua popolarità era davvero enorme all’estero, a tal punto che qualche anno fa Sebastian Vettel, pilota della Ferrari, per festeggiare una grande vittoria in Formula 1. Vettel intonò dall’abitacolo della propria monoposto proprio L’Italiano, cantandola in onore del nostro paese: «Lasciatemi guidare con la chitarra in mano...», e tutto il mondo si stupì. In Francia è stato tra gli autori più ricercati e ha scritto per Mirelle Mathieu e Johnny Hallyday, in Spagna per Miguel Bosè e Luis Miguel.

Negli Stati Uniti ha collaborato per Iggy Pop. Persino in Cina lo conoscono. «Toto era davvero popolare in tutto il mondo. Non ricordo una serata all’estero nella quale le sue canzoni non venissero citate», è Pippo Baudo, affranto per la scomparsa dell’amico, a celebrane il ricordo. «L’Italiano non è una bella canzone ma un vero capolavoro di pop-melodico con un testo che rimarrà per sempre, un brano che si inserisce nell’immaginario del nostro paese come un nuovo inno. Parla della gente comune, si rivolge alle persone di tutti i giorni ed è un ritratto impressionistico dell’Italia degli anni Ottanta-Novanta. Noi eravamo così in quegli anni e lui ci ha dipinti all perfezione. Chi era Toto? Un uomo timido, tenerissimo con suo figlio ma che poteva apparire a volte scontroso e persino ombroso. Era un artista in grado di scrivere canzoni in dieci-quindici minuti quando aveva l’ispirazione. Quindi un asso della musica».

Nato a Fosdinovo, in provincia di Massa Carrara, Cutugno aveva mosso i primi passi negli anni Settanta, dapprima con i Toto&i Rockers, poi con gli Albatros. Successivamente ha preso il via un felice percorso da solista che lo ha portato a fattive collaborazioni con Adriano Celentano, per cui scrisse Soli e l’intero album Il tempo se ne va, e ad agguantare notevoli successi. Lo testimoniano le quindici partecipazioni al Festival di Sanremo che vinse nel 1980 con il brano Solo noi e dove è giunto in sei occasioni al secondo posto. Una curiosità: il suo brano più celebre, L’Italiano appunto, all’Ariston si classificò soltanto al quinto posto (media tra il quarto posto del voto della giuria e il primo del voto popolare).

Ben prima dei Maneskin, nel 1990, Cutugno era stato l’ultimo cantante italiano a vincere l’Eurofestival, l’attuale Eurovision Song Contest: con il brano Insieme dominò la manifestazione che si teneva quell’anno a Zagabria, guadagnandosi persino il diritto di presentare quella successiva del 1991. Insieme allo stesso Celentano, a Pupo, Al Bano e i Ricchi e Poveri, è stato poi tra i cantanti italiani più celebrati nella Mosca putiniana.

 

 

 

SOLIDO RAPPORTO

Il nuovo millennio lo ha visto protagonista di un solido rapporto con il nascente show-business della Russia e con i suoi nuovi fan dell’est europeo, scelta che lo rese inviso all’Ucraina: a Kiev considerò artista “non gradito”. Toto fu molto colpito da questo diktat: «Faccio musica, non politica». Una delle sue ultime partecipazioni al Festival di Sanremo, da ospite, fu singolare perché riuscì a portare sul palco dell'Ariston il coro dell’Armata Rossa. Pensava alle sette note, Cutugno, soltanto a quelle. Epilogo con Baudo: «Perché lo hanno sempre definito un cantante nazional-popolare? Gelosie... Forse perché chi diceva questa baggianata non è mai riuscito a essere nè popolare e nè nazionale come lui. Addio Toto». 

 

 

 

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