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Vasco Rossi, quello che non aveva mai confessato: perché la serie è una bomba

Luca Beatrice
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Oggi è il V Day. Ennesimo ritorno del Komandante con un nuovo singolo e una attesissima docuserie televisiva in cinque puntate. Ad anni settantuno, Vasco Rossi è ancora il depositario del rock in Italia, un primato che nessuno osa mettere in discussione, neppure i Maneskin che al suo cospetto risultano comunque derivativi e poco originali.

Con Gli sbagli che fai, questo il titolo del pezzo inedito, Vasco torna a una riflessione di carattere esistenziale, che per atmosfera e una certa amarezza di fondo ricorda i tempi di Vivere o niente, uno dei suoi album più cupi e depressi, sottovalutato a suo tempo dalla critica, accusato di nichilismo, alla lunga ha retto invece il peso degli anni. Canta, «ho passato una sera con me», sottolineando così la vena introspettiva alle soglie della vecchiaia, ricorre al meccanismo dell’autocitazione nel verso «di un senso che sempre non c’è», si interroga su ciò che ha fatto, su ciò che è stato, se era giusto «sempre a correre, correre, correre, scappando da che...». Per uno che ha percorso migliaia di chilometri sul palco è quasi una confessione. Scontato essere cresciuto anche attraverso gli sbagli, gli errori.

EH GIÀ...
Sembra di sentire ancora una volta quella fantastica canzone che così concludeva, «io sono ancora qua, eh già». La tentazione, inevitabile, è quella di un bilancio, ora che le giornate della vita si accorciano, è la stagione del tramonto, come accade anche ai supereroi, una categoria a cui Vasco certamente appartiene. La nuova canzone è la sigla della serie Netflix Vasco Rossi. Il supervissuto, uscita oggi, scritta da Igor Artibani, Guglielmo Arié e Pepsy Romanoff che ne è anche il regista.

Un titolo che, strana cosa, riecheggia un vecchio pezzo Sopravvissuti e sopravviventi dell’eterno rivale Ligabue. Questa volta niente Steve McQueen, niente vita spericolata, Vasco vuole una vita come la sua, di chi ha superato guai personali e generazionali, di uno che è riuscito ad arrivare fin qua mantenendo una coerenza stilistica e umana davvero unica.

 

Il Blasco confessa dunque di essere un supervissuto, ha passato indenne gli anni ’70 e gli anni ’80, quando gli eccessi erano all’ordine del giorno, lo sballo pure e tra le mille esperienze di allora ci fu pure la galera. Sopravvissuto alla depressione, a tre malattie mortali, l’ultima quasi letale, venne riacciuffato per la punta dei pochi capelli. Senza dimenticare i continui ritorni, pressoché a ogni estate, il clamoroso mega concerto da record di Modena Park, l’amore dei fan che non lo lasciano in pace mai, lo inseguono fin sotto casa a Zocca, il buen retiro assaltato quotidianamente e lui che chiede un po’ di privacy pur concedendosi spesso e volentieri agli abbracci e ai selfie.

Buona parte delle riprese è stata girata nel 2020, durante la pandemia, seguendo Vasco dalla provincia emiliana a Los Angeles, la megalopoli in cui ha scelto di vivere, nascondendosi tra la folla in mezzo a tanti volti anonimi. Non si poteva andare in tour, bisognava stare in isolamento e allora Vasco ne ha approfittato per raccontarsi e raccontare, in prima persona, con la voce strascicata e biascicante (talvolta ci vorrebbero i sottotitoli come in Gomorra).

 

A CUORE APERTO
La vita messa a nudo, episodi che sembrano confessioni a cuore aperto, Il supervissuto è una collezione di chicche per i fan più fedeli, l’autoritratto stile Dorian Gray di un uomo che non si è mai nascosto dietro possibili alterego, che parla poco e anche nei testi ha inventato forme ellittiche, frasi tronche, sottintesi. E, ovviamente, tante, tantissime canzoni: sono state la colonna sonora della nostra giovinezza e della nostra maturità, senza Vasco (e dopo Adriano Celentano) il rock si sarebbe estinto molto tempo fa, anche la sua musica in fondo è una supervissuta, resistente agli attacchi del pop di plastica e dei rapper che più trash e falsi non si può. 

Di Komandante non ce n’è uno solo, ognuno ha il suo, quello delle ballate romantiche o quello dei pezzi più sfrenati alla Fegato spappolato, il Blasco che ci diverte e quello che ci fa pensare, il Vasco degli innamorati e quello delle amarezze. Sempre se stesso, sempre credibile, qualsiasi parte reciti. Non sarà facile guardare le cinque puntate senza trattenere il magone, magari qualche lacrima.

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