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Prima alla Scala, il tenore arriva con questa maglietta: schiaffo all'Islam fondamentalista

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Mentre fuori dalla Scala i pro-Palestina srotolano striscioni del tenore "Israele fascista" e "Israele stato terrorista", facendo di fatto propaganda ad Hamas, dentro il Piermarini la contestazione politica per così dire "interna" langue.

Un paio di grida levatesi dal loggione subito dopo l'inno di Mameli, "Viva l'Italia anti-fascista" e "No al fascismo" sono le uniche forme di protesta contro il presidente del Senato Ignazio La Russa, seduto accanto alla senatrice a vita Liliana Segre e al sindaco di Milano Beppe Sala.

 

 

 

Una polemica, quella sulle poltrone da occupare, surreale anche perché innescata proprio dal primo cittadino del Pd, che avrebbe voluto sedere in platea insieme alla Segre lontano da La Russa e dagli altri ministri di centrodestra, in mancanza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e della premier Giorgia Meloni. Solo la mediazione di La Russa ha evitato una brutta figura. 

 

 

 

E così, forse, il messaggio politico più forte arriva da un protagonista insospettabile, il tenore iraniano Ramtin Ghazavi. Prima di esibirsi nel Don Carlo di Giuseppe Verdi, per la direzione musicale del maestro Riccardo Chailly e la regia di Lluis Pasqual, il cantante membro del coro è arrivato alla Scala mostrando una maglietta in segno di solidarietà alla rivoluzione delle donne iraniane. 

 

 

 

Raggiunto nel foyer da Mi-Tomorrow, l'artista ha spiegato, mostrando la maglietta sotto la giacca: "Tra poco mi cambio e vado in scena, però ho nel cuore la rivoluzione: Donna, vita, libertà del popolo iraniano".

 

 


 

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