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Muti sfida il politicamente corretto: la parola "ne***" non si tocca

Marco Rocchi
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Il Maestro Riccardo Muti torna a Torino al Teatro Regio da mercoledì 21 febbraio fino a domenica 3 marzo per dirigere la nuova messinscena de Il ballo in maschera di Giuseppe Verdi, una delle opere che ha nel suo destino la censura. Non questa volta però. Muti, infatti, affiancato dal regista Andrea De Rosa, nonostante in altre occasioni sia stato fatto, per questo nuovo allestimento torinese ha scelto di lasciare intatto il libretto dell’opera all’interno del quale compare la parola “negri”. Un’occasione perfetta per dare una lezione chiara e netta ai profeti del politicamente corretto o, peggio ancora, della cosiddetta cancel culture in voga per lo più negli Usa. «Non dobbiamo ipocritamente imbiancare i sepolcri» ha spiegato Muti. «Non è cambiando la Storia che si aiutano i giovani e pertanto, d’accordo con il regista della rappresentazione Andrea De Rosa, ho deciso che l’espressione dell’immondo sangue dei negri contenuta nell’opera verdiana, rimanga esattamente nel posto che occupa dal 1859».

L’analisi della decisione presa dal Maestro, d’altra parte, oltre ad essere coerente con scelte analoghe già operate da lui stesso in passato, lo è anche con la logica e il buonsenso che dovrebbero essere patrimonio comune. «Dobbiamo correggere il passato, ma nessuno può cancellarlo anche se crudele o sporco» ha aggiunto Muti. Anche perché, ecco la riserva di sano pensiero comune, se così fosse «dovremmo cancellare la maggior parte dei libretti. Nessuno, però può andare in un museo e ritoccare un’opera d’arte con cui non è d’accordo», osserva il Maestro. Quello che più conta, a giudizio del grande direttore d'orchestra, è «evitare gli slogan e cercare il dialogo. Soprusi, orrori ne vediamo ogni giorno. Cerchiamo l’armonia, la bellezza in un mondo che sta precipitando. Dobbiamo portare in scena anche gli errori del passato perché i giovani possano correggerli, evitarli e trovare la direzione giusta».

 

 

Prima della premiére di mercoledì sera, tra l’altro, l’opera andrà in scena in una sua anteprima riservata proprio agli under 30 nella serata di oggi. In qualche modo, come dicevamo, il destino de Il ballo in maschera è stato segnato sin dalle sue origini da un confronto duro e non sempre vincente. Fu lo stesso Verdi a optare per un cambio d’ambientazione dopo lo scontento che la famiglia Borbone manifestò al compositore che aveva immaginato la storia, tratta dal dramma di Eugène Scribe Gustave ou Le Bal masqué, svolgersi proprio presso la corte svedese. Troppo. Sicché Verdi decise di trasporre a Boston la vicenda, trasformando il sovrano svedese nel governatore della città americana. Per Muti si tratta di un terzo ritorno al Regio dopo i due più recenti: nel marzo 2021 con Così fan tutte di Mozart, presentato solo in video per effetto delle restrizioni allora ancora in corso e nel 2022 con il Don Giovanni, sempre del repertorio mozartiano.

 

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