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PiazzaPulita, Minniti rivela: "Dopo Mosca anche un assassino mirato"

Claudio Brigliadori
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«Le istituzioni non vanno a casa dei mafiosi e dei parenti di mafiosi e non affidano nessuno, per una ragione semplicissima: le mafie si differenziano da una organizzazione criminale qualsiasi perché hanno il tema del controllo del territorio, vogliono dimostrare di esercitare sovranità in concorrenza con lo Stato. Se tu vai a chiedergli di stare attenti a una cosa che sta nel loro territorio hai riconosciuto la loro sovranità».

Parola di Marco Minniti. Ex presidente del Copasir, ex ministro degli Interni, uomo di legge e ordine. Una volta di più, viene da chiedersi come risca a restare dentro a un Pd che fa spallucce di fronte al balletto tragicomico di Michele Emiliano e Antonio Decaro su un argomento, quello della mafia, su cui non è concesso scherzare.

 

Ospite di PiazzaPulita, su La7, l’ex fedelissimo di D’Alema diventato nei suoi anni al Viminale fonte d’imbarazzo per chi, al Nazareno, tifava per le Ong al grido del “tutti dentro”, si conferma politicamente controvento a sinistra. Nessuna concessione al governatore della Puglia, capace una settimana fa di imbarazzare il sindaco di Bari ricordando una loro visita a casa del boss di Bari Capriati. I due hanno poi smentito, corretto, negato. No, «a casa dei mafiosi o dei parenti dei mafiosi, non si va». Minniti ha poi detto la sua anche su Putin. Dopo l’attentato a Mosca «ci sarà una rappresaglia, più raid missilistici, più morti civili. E se saranno capaci faranno anche qualche assassinio mirato». «Non penso invece - frena l’ex ministroche alzeranno la posta. Putin sa che c’è un rischio che non può correre. Sa che se dovesse vincere Trump troverà negli Usa un interlocutore. Se invece dovesse attaccare un Paese Nato, Biden vincerebbe le elezioni a mani basse. E Putin è attento a non fare errori politici».

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