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Baby gang, la cura di Panatta: "Nerbate e spalare concime"

Serenella Bettin
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Calci nel sedere e via, a spalare letame. Quando chiamiamo Adriano Panatta, mito dello sport italiano, uno dei migliori tennisti di sempre, si trova a Montecarlo per seguire i quarti di finale del torneo Atp, dove Jannik Sinner ha vinto ancora una volta. Noi però vorremmo parlargli per un altro fatto, ovvero la sua ricetta contro il cosiddetto “fenomeno baby gang”. Ricetta brillantemente illustrata durante una conferenza stampa a Treviso, per la presentazione del corso di autodifesa femminile. In effetti, nella Marca trevigiana - così come in molte altre città d’Italia - ormai non se ne può più. Le risse con i ragazzini che si menano in piazza sono sempre più frequenti, con i bulli a spadroneggiare.

L’ultima violenta aggressione, poco meno di una settimana fa in pieno centro. Era il 7 aprile. Un trevigiano che vive in Svizzera, Luca Gobbo, viene preso a calci e pugni da due ragazzini minorenni che avevano preso di mira una signora. La donna li aveva semplicemente rimproverati in vicolo Rialto, nel cuore della città, perché i bulletti stavano facevano delle impennate con la bicicletta in una zona riservata ai passanti. I due ragazzi però, di 17 e 15 anni, non ne han voluto sapere: non hanno smesso di compiere le loro prodezze e anzi, se la sono presa con la signora, iniziando a insultarla e offenderla, e naturalmente riprendendo tutto col telefonino. Il signore, 50enne, è intervenuto per difendere la donna, e in tutta risposta si è pure beccato un bidone in testa. Un pestaggio violentissimo, tanto che Gobbo è dovuto anche ricorrere alle cure dei sanitari. È in questo quadro che va inserito l’intervento di Panatta, che a Treviso vive da tempo.

 

 

 

PENE CORPORALI

«Non vorrei dire una cosa forte - ha esordito l’ex campione - però io la dico: in questi casi servirebbe anche ripristinare le pene corporali. Secondo me tre o quattro nerbate nel culo a questi ragazzini non gli farebbero male. Senza esagerare, però ripeto, tre o quattro nerbate, dopo vanno via e restano doloranti per quindici giorni, forse ci pensano meglio al fatto che stanno sbagliando». Del resto lui lo sa bene che cosa significhino fatica e sudore, sacrificio e impegno, studio e rinunce. Lui lo sa cosa può trasmetterti lo sport, quando arrivi a casa la sera e cadi sul letto sfiancato ed esausto, quando devi provare e riprovare, quando il dolore che senti oggi sarà la forza del tuo domani, quando la concentrazione è fondamentale e le distrazioni sono da eliminare. Altro che social, altro che smartphone, altro che svegliarsi alle due del pomeriggio e andare in giro a picchiare la gente. Lui la ricetta per i bulli ce l’ha, ed è per l’appunto mandarli a spalare merda e dei calci nel sedere ben assestati.

«Lo sport - ha rimarcato ancora Panatta, sempre a margine della conferenza, anche con una punta di sarcasmo - è già socialmente utile. È molto meglio obbligarli a spalare del concime, per esempio, che secondo me gli farebbe molto bene anche alle narici. Ecco, diciamo che apre molto le narici. Sì, obbligarli: cioè delle cose un po’ umilianti per far capire loro che stanno sbagliando. Poi certo, sono ragazzi di 15 anni, io non credo che siano dei delinquenti incalliti, sono dei bulletti. Però si possono mettere a posto: se uno vuole, li mette a posto». Considerazioni significative, che arrivano da una persona entrata nella storia del nostro sport. Nel 1976 Panatta è stato numero 4 del mondo: mai, nella sua carriera, si è comportato da bacchettone, ma sa bene come si arriva al successo. Ora, dopo essersi sposato a Venezia nel 2020 con Anna Bonamigo, vive come detto a Treviso, e nel 2021 ha messo in piedi un centro sportivo perla pratica di varie discipline, tra cui ovviamente il tennis. Un'area di 2 ettari a cielo aperto, nata da questa grande passione per lo sport, dove tanti giovani possono praticarlo.

 

 

 

GENITORI NEFASTI

E tornando ai baby delinquenti, secondo lui i cosiddetti “lavori socialmente utili” non bastano recuperarli. Si tratta invece di rimetterli in riga, considerando anche che, in molti di quei casi, i genitori sono a volte peggio dei figli. «È un dato di fatto che questi ragazzi, dopo che sono stati a scuola, tornano a casa e i genitori non ci sono perché sono al lavoro prosegue infatti Panatta -. E spesso quelli presenti sono bulli a loro volta, come capita agli avvenimenti sportivi a cui assisto. Sono questi genitori i primi a insultare gli avversari, che sono bambini di 8-10 anni. Non ci dobbiamo meravigliare se i figli crescono in un certo modo». Vero: insulti e bestemmie, da parte dei genitori che assistono per esempio alle partite di calcio dei pargoli, sono ormai la normalità. Tanto che alcuni sindaci decidono anche di interdire l’accesso negli stadi - o anche nei piccoli campi - a padri e madri. Giusto per fare un esempio: era il 2020 quando a Mandello del Lario, in provincia di Lecco, il sindaco vietò l’ingresso alle famiglie perché a ogni partita volavano insulti, bestemmie, offese, minacce, aggressioni. Forse i calci nel sedere andrebbero dati anche a loro. 

 

 

 

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